sabato 30 maggio 2009

Un grande pianeta per una piccola stella


Parafrasando la nota pubblicità di un pennello, potremmo ben dire che non è necessaria una grande stella per avere un grande pianeta. Ricercatori della NASA hanno, infatti, individuato un pianeta di massa pari a ben sei volte quella di Giove attorno a una delle più piccole stelle della Galassia, nota con la sigla VB10. Si tratta di una nana rossa, stelle molto piccole e fredde che però rappresentano la tipologia più numerosa fra quelle che popolano le galassie. Gli astronomi hanno seguito per ben 12 anni il suo lento moto proprio rilevando delle oscillazioni indotte sulla stella da parte di quello che è risultato essere un pianeta di grande massa, sei volte quella di Giove appunto, che orbita a una distanza pari a quella che Mercurio ha dal Sole. Considerando i rapporti di scala del sistema planetario appena scoperto, il pianeta ha una distanza dalla VB10 analoga a quella di Giove dal Sole, e ciò induce a ritenere possibile la presenza di pianeti rocciosi in orbite ancora più strette. E' interessante sottolineare che, data la minore temperatura di VB10, la fascia di abitabilità del sistema, cioè la zona in cui sarebbe possibile la presenza di acqua liquida su una ipotetica superficie rocciosa di un pianeta, è interna all'orbita del grande pianeta appena scoperto.

Credit: NASA/JPL-Caltech

giovedì 28 maggio 2009

Un buco nero di ottimo appetito!


E' cosa ormai nota che al centro delle galassie sono ospitati buchi neri eccezionalmente massicci. Questi veri e propri "mostri cosmici" hanno masse di milioni o anche miliardi di masse solari che accrescono continuamente ingoiando il gas che imprudentemente si avviciana troppo al punto di non ritorno. Anche al centro della Via Lateta è ospitato un buco nero supermassiccio che, però, pur avendo una massa di oltre 4 milioni di massa solari, non presenta un tasso di accrescimento particolarmente vistoso. In molte altre galassie, invece, i buchi neri centrali ingoiano grandissime quantità di materia che, precipitando e riscaldandosi in un disco di accrescimento che circonda il buco nero, produce un'intensa attività di emissione di energia. In questi casi si parla di nuclei galattici attivi (AGN, dall'inglese active galactic nulei) e, a seconda dell'intesità e della geometria dell'emissione, l'attività si manifesta in modi anche molto diversi fra loro. Tra gli AGN ci sono anche le cosiddette galassie di Seyfert, dal nome dell'astronomo che le studiò e catalogò. In particolare, le galassie di tipo Seyfert I presentano dei nuclei molto brillanti la cui emissione è particolarmente rilevante nelle righe dell'idrogeno e minore in quelle degli elementi pesanti come il ferro. Proprio lo studio dell'emissione dovuta al ferro, che è influenzata da una serie di fattori come la rotazione e la massa del buco nero e la velocità della materia nel disco di accrescimento, ha consentito a un gruppo di astronomi di trovare ua conferma ai modelli teorici che descrivono il comportamento deigli AGN. In particolare, utilzzando il satellite dell'ESA XMM-Newton che opera nella regione X dello spettro elettromagnetico, gli astronomi hanno osservato1H0707-495, una galassia molto distante, scoprendo che il buco nero centrale, la cui massa è stimata fra i 3 e i 5 milioni di masse solari, divora materia al'incredibile tasso di 2 masse terrestri l'ora. Non c'è che dire: davvero un buco nero di ottimo appetito!

Credit: ESA

sabato 23 maggio 2009

Una girandola cosmica


Grazie al telescopio danese di 1,5 metri di diametro che opera dai cieli bui di La Silla in Cile, gli astronomi dell'ESO hanno ottenuto questa splendida immagine della galassia M83. Distante circa 15 milioni di anni luce nella costellazione dell'Idra, M83 è, con i suoi 40mila anni luce di diametro, molto più piccola della Via Lattea che ne misura invece oltre 100mila. Eppure il suo aspetto la rende molto simile alla nostra galassia. Come la Via Lattea, M83 è una spirale barrata: le braccia a spirale si originano da una barra centrale che contiene il nucleo galattico. Ma proprio nel nucleo questa splendida girandola cosmica mostra delle peculiarità. Infatti, M83 presenta un doppio nucleo circondato da un anello, anch'esso doppio, di gas con elevata attività di formazione stellare. In meno di mille anni luce intorno al centro galattico ci sono numerose giovani stelle di età inferiore ai 10 milioni di anni. Il doppio nucleo è probabilmente dovuto alla fusione che la galassia ha avuto in passato con un'altra più piccola. In ogni caso, è l'intera galassia a presentare un elevato tasso di formazione stellare, confermato dalle scoperta di numerose supernovae, giovani e massicce stelle esplose perchè non più in grado di sostenere il loro stesso peso.

Credit: ESO/IDA/Danish 1.5 m/R. Gendler, S. Guisard and C. Thöne

Ancora un rinvio per il rientro dello Shuttle


Sono state ancora una volta le proibitive condizioni meteorologiche a costringere i responsabili di missioni a rinviare a domani alle 10,11 (ora locale) il rientro dello Shuttle Atlantis. Terminata la missione di servizio al telescopio spaziale Hubble, il rientro era in un primo tempo programmato ieri, ma era stato rinviato a oggi a causa delle pessime condizioni del tempo. Constatato il perdurare del maltempo, il nuovo rinvio deciso pochi minuti fa.

Credit: NASA

venerdì 22 maggio 2009

Rinviato il rientro dello Shuttle


A causa delle pessime condizioni meteorologiche è stato rinviato a domani il rientro previsto per oggi dello Shuttle Atlantis che ha completato la missione di servizio al telescopio spaziale Hubble. Il cielo cupo e minaccioso del Kennedy Space Center in Florida ha consigliato ai responsabili delle operazioni di rientro di posticipare a domani l'atterraggio nella speranza che le nubi cariche di pioggia si siano nel frattempo allontanate.

Credit: NASA

giovedì 21 maggio 2009

Le dimensioni di M87


Con grande sorpresa degli astronomi, la galassia gigante M87 è risultata possedere un alone che, benché di dimensioni enormi se paragonato a quello della Via Lattea, è più piccolo di quanto non ci si attendesse. M87 è una dei componenti principali del vicino ammasso della Vergine. L’ammasso, distante 50 milioni di anni luce e composto da circa un migliaio di galassie, è uno dei più vicini al Gruppo Locale, quello cui appartiene la Via Lattea. Si tratta di un ammasso relativamente giovane e abbastanza disperso, ricco di galassie fra cui alcune ellittiche di dimensioni davvero ragguardevoli. Le osservazioni di M87 sono state condotte con il Very Large Telescope dell’ESO che opera dal Cile e hanno riguardato alcune nebulose planetarie dell’alone galattico. Essere riusciti a individuare oggetti così deboli a così grande distanza è già di per se un notevole risultato. Ma gli astronomi hanno così potuto stabilire che le dimensioni dell’alone di M87 sono pari a circa un milione di anni luce. Molto grande se paragonato ai 200mila anni luce di quello della Via Lattea, ma meno di quanto ci si attendeva. E’ come se una parte dell’alone fosse stato strappato via in un meccanismo di interazione che gli astronomi ipotizzano possa essersi verificato in passato con M84, l’altra galassia gigante dell’ammasso della Vergine. Mancano le prove per questo scenario che è però ritenuto più credibile dell’altro proposto per spiegare le ridotte dimensioni dell’alone e che invoca un collasso di materia oscura nell’ammasso. Un ammasso per la verità molto “dinamico”, in cui gli scontri fra galassie sono molto comuni. La stessa M87 è in rotta di collisione con l’altra galassia M86, in una fase che precede immediatamente il loro primo passaggio ravvicinato.
Credit: ESO

Venerdì il rientro dell'Atlantis


E' cominciata presto la giornata di lavoro per l'equipaggio dello Shuttle Atlantis. Completate con successo le operazioni di manutenzione e riparazione del telescopio spaziale Hubble, gli astronauti saranno impegnati nelle operazioni di rientro dello Shuttle previsto per domani.

Credit: NASA

mercoledì 20 maggio 2009

Buon lavoro, Hubble!


Dopo 5 giorni di intenso lavoro che hanno visto gli astronauti dello shuttle Atlantis alternarsi in attività extraveicolari per riparare, controllare e installare nuovi strumenti, il telescopio spaziale Hubble è stato ricollocato nella sua orbita. Gli interventi posti in essere dall'equipaggio dell'Atlantis garantiranno non solo altri anni di prezioso lavoro, ma permetteranno a Hubble di osservare l'universo con dettaglio e profondità mai disponibili in precedenza in nessun strumento costruito dall'uomo. La capacità di osservazione è stata notevolmente migliorata con l'installazione della WFPC3, una camera fotografica che ci regalerà nuove spettacolari immagini e nuove scoperte scientifiche per comprendere sempre più e meglio i misteri dell'universo. Buon lavoro, Hubble!

Credit: NASA

martedì 19 maggio 2009

Idrogeno in una nana bianca? Forse era l'acqua di un pianeta


GD 362 è una nana bianca che già da qualche tempo è al centro delle attenzioni degli astronomi. Distante circa 150 anni luce nella costellazione di Ercole, nel 2004 era stata rilevata la presenza di una grande quantità di elementi pesanti nell sua atmosfera. L'anno successivo, poi, fu possibile scoprire un anello di frammenti asteroidali, formatisi con tutta probabilità dalla distruzione di un corpo planetario durante le fasi evolutive che condussero alla formazione della nana bianca. Le nane bianche, infatti, rappresentano lo stadio finale del ciclo evolutivo di stelle di tipo solare. Dopo aver esaurito l'idrogeno che per circa 10 miliardi di anni ne ha garantito la stabilità, le stelle di tipo solare vanno incontro alla fase di gigante rossa, durante la quale si espandono enormemente fino a inglobare i pianeti più interni che vengono così distrutti. Nel caso del Sole, per esempio, si ritiene che i pianeti Mercurio, Venere, Terra e forse anche Marte saranno inghiottiti dal disco solare in espansione. Recenti osservazioni condotte nell'infrarosso col telescopio spaziale Spitzer da un gruppo di astronomi britannici ha messo in evidenza un'altra peculiarità di GD 362. Grazie agli spettri ottenuti dallo spettrografo di bordo gli astronomi hanno rilevato la presenza di rilevanti quantità di idrogeno nell'atmosfera stellare, una quantità molto più grande di quanto non prevedano i modelli teorici per questo tipo di stelle. La spiegazione che gli astronomi danno a questa peculiare caratteristica è che, con tutta probabilità, un corpo planetario delle dimensioni di Callisto, una della lune di Giove, o forse anche di Marte sia stata catturata dalla gravità della stella e sia precipitato in essa col suo prezioso liquido che ha arricchito così di idrogeno l'atmosfera stellare. Naturalmente, sul pianeta l'acqua non era presente in grandi oceani come sulla Tera. In questo caso, infatti, essa sarebbe evaporata durante la fase espansiva della stella. Piuttosto, gli astronomi pensano che tutta l'acqua fosse raccolta in un oceano sotterraneo, protetta dalla crosta superficiale del pianeta in maniera del tutto simila a quanto succede suEuropa, un'altra luna di Giove.

Credit: Gemini Observatory/Jon Lomberg

Concluse le attività di riparazione al telescopio spaziale


L'ultima delle 5 attività extraveicolari che gli astronauti dello Shuttle Atlantis hanno condotto per riparare il telescopio spaziale Hubble si è felicemente conclusa ieri dopo più di 7 ore di duro lavoro. Gli astronauti Grunsfeld e Feustel hanno installato una nuova batteria di alimentazione e nuovi sensori di guida. E' stato installato anche un nuovo sistema diprotezione per l'intera elettronica che controlla e guida le attività del telescopio spaziale.

Credit: NASA

lunedì 18 maggio 2009

Oggi l'ultima attività extraveicolare


Completata la quarta "passeggiata" spaziale, gli astronauti dello Shuttle Atlantis sono attesi oggi per l'ultima attività extraveicolare programmata. Durante l'uscita di ieri Mike Massimino e Mike Good hanno tra l'altro sostituito una batteria che fornisce l'energia elettrica necessaria al funzionamento dello Space Telescope Imagin Spectrograph (STIS). Il guasto occorso alla vecchia batteria ha tenuto in stand by in modalità sicura lo STIS per molti mesi. Grazie all'intervento di ieri lo spettrografo potrà ricominciare a lavorare.

Credit: NASA

domenica 17 maggio 2009

In corso la quarta passeggiata spaziale

E' in corso da ormai quasi 4 ore la quarta delle cinque attività extraveicolari programmate per gli astronauti dello Shuttle Atlantis. Ancora una volta saranno Mike Massimino e Mike Good gli astronauti incaricati delle operazioni sul telescopio spaziale Hubble. Per loro si tratta già della terza uscita. Questa volta dovranno svolgere tutta una serie di attività di manutenzione e riparazione che, se felicemente concluse, estenderanno la vita operqativa di Hubble garantendo la prosecuzione della impareggiabile attività scientifica cui il telescopio ci ha abituati da ormai quasi 20 anni.
Credit: NASA

sabato 16 maggio 2009

Oggi la terza "passeggiata" spaziale


Dovrebbe durare circa 6 ore e mezza la terza delle cinque attività extraveicolari programmate per riparare il telescopio spaziale Hubble. Questa volta saranno gli astronauti John Grunsfeld e Drew Feustel, già protagonisti della prima uscita, a operare su Hubble per sostituire e riparare alcuni fra i più importanti strumenti di osservazione e ricerca. In particolare, sarà installata una nuova versione del Cosmic Origin Spectrograph e si inizierà la riparazione dell'Advanced camera for Surveys, riparazione che sarà successivamente completata nel corso della quarta o della quinta passeggiata extraveicolare.

Credit: NASA

Terminata la seconda uscita degli astronauti


Dopo ben 7 ore e 56 minuti di intenso lavoro sul telescopio spaziale Hubble gli astronauti Mike Massimino e Mike Good hanno fatto rientro nello shuttle Atlantis. La seconda delle 5 uscite extraveicolari è stata completata con successo. In particolare, sono stati sostituiti i giroscopi che permettono il puntamento di Hubble e una prima serie di batterie che ne assicurano l'alimentazione elettrica. La terza uscita extraveicolare è in programma per oggi.

Credit: NASA

venerdì 15 maggio 2009

In corso la seconda attività extraveicolare


Mike Massimino e Mike Good sono inn queste ore impegnati nella seconda delle 5 uscite extraveicolari necessarie per completare tutti gli interventi di manutenzione, riparazione e sostituzione di strumenti scientifici a bordo del telescopio spaziale Hubble. Durante questa uscita i due astronauti installeranno nuovi giroscopi necessari per il preciso puntamento di Hubble e una prima serie di nuove batterie che assicureranno al telescopio l'energia necessaria al suo funzionamento. Al momento in cui scriviamo (le 20,15 italiane) i giroscopi sono tutti stati correttamente installati e sono iniziate le operazioni di sostituzione delle batterie. Questo intervento richiederà la rimozione di 26 viti e la disconenssione di almeno sei contatti elettrici. Fino a questo momento tutto procede come programmato.

Credit: NASA

Conclusa con successo la prima uscita extraveicolare


Dopo 7 ore e 20 minuti di faticosissima attività extraveicolare gli astronauti John Grunsfeld e Drew Feustel sono rientrati nello shuttle Atlantis. Tutto si è svolto regolarmente: la WFPC2 è stata rimossa e sostituita con la nuovissima WFPC3, una camera che consentirà a Hubble di ottenere immagini a vasto campo e con un dettaglio senza precedenti. Sostituito anche il computer il cui guasto lo scorso ottobre fu la causa del rinvio della missione di servizio al telescopio spaziale. La prossima uscita extraveicolare è prevista per venerdì alle 14,16 (ora italiana). Questa volta saranno Mike Good e Mike Massimino gli astronauti impegnati nelle operazioni di manutenzione e riparazione di Hubble.

Credit: NASA

giovedì 14 maggio 2009

Una enigmatica galassia


Dista circa 600 milioni di anni luce e, come in tutte le altre galassie, al suo centro è ospitato un buco nero supermassiccio. Ma alcune delle sue caratteristiche messe in evidenza in una immagine multibanda fanno di 3C305 una galassia davvero enigmatica. In particolare gli astronomi si interrogano sull'origine dell'intensa emissione X rilevata grazie alle osservazioni del telescopio spaziale Chandra. L'immagine in questione è stata ottenuta sovrapponendo le riprese nel visibile (colore azzurro) del telescopio spaziale Hubble e in banda X (colore rosso) di Chandra. L'emissione radio rilevata da radiotelescopi in Gran Bratagna e New Mexico appare invece in colore blu. Studiando l'immagine gli astronomi si sono accorti che, contariamente a quanto atteso, le emissioni X e radio provenienti dal getto di materia che emerge dal buco nero centrale non si sovrappongono. Al contario l'emissione X pare coincidere quasi perfettamente con la radiazione visibile rilevata da Hubble. Come spiegare questo peculiare comportamento? Gli astronomi pensano che la radiazione X possa originarsi dall'interazione del getto con il gas interstellare che, riscaldato, emetterebbe in banda X; oppure, che sia la stessa intensa energia proveniente dalla regione che circonda il nuco nero a indurre l'emissione X nel gas interstellare. Per chiarire l'enigma gli astronomi hanno pianificato una nuova campagna di osservazioni.

Credit: X-ray (NASA/CXC/CfA/F.Massaro, et al.); Optical (NASA/STScI/C.P.O'Dea); Radio (NSF/VLA/CfA/F.Massaro, et al.)

Iniziato il lavoro extraveicolare degli astronauti dell'Atlantis


Così come programmato è regolarmente iniziata l'attività extraveicolare di manutenzione del telescopio spaziale Hubble. Gli astronauti John Grunsfeld, un veterano delle uscite extraveicolari nello spazio, e Andrew Feustel, alla sua prima passeggiata spaziale, indossano le speciali tute protettive e hanno iniziato le operazioni di rimozione della WFPL2 e di un computer fuori uso e di sostituzione con nuova strumentazione. Dall'interno dello Shuttle, invece, Mike Masimino, Michael Good eMegan McArthur stanno seguendo il lavoro dei colleghi all'esterno fornendo loro tutta l'assitenza necessaria.

Credit: NASA

Oggi la prima uscita extraveicolare


Saranno gli astronauti John Grunsfeld e Drew Feustel a effettuare, a partire dalle 14,16 (ora italiana), la prima uscita extraveicolare delle 5 previste per le operazioni di manutenzione e assistenza al telescopio spaziale Hubble. Durante il primo intervento sarà sostituita la Wide Field Planetary Camera 2, lo strumento grazie al quale Hubble per anni ci ha regalato spettacolari immagini dell'universo e consentito di conseguire risulati scientifici come mai in precedenza. Al suo posto verrà installata una nuova camera, la WFPC3 con potenzialità ancora maggiori. Sempre durante la prima uscita extraveicolare sarà sostituito un computer malfunzionante il cui guasto, lo scorso ottobre, è stato all'origine del rinvio della missione dello Shuttle. Prosegue intanto l'attività ispettiva sullo stato dello scudo termico di protezione alla navetta. In particolare, la difficoltà di procedere all'ispezione visiva di una parte della copertura costringerà l'equipaggio a utilizzare la telecamera montata sul braccio meccanico. Tutto bene anche per il temuto passaggio a distanza ravvicinata di uno delle centinaia di detriti prodottisi qualche mese fa a seguito dello scontro fra un satellite cinese e uno americano. Il frammento, di circa 10 cm., è passato a distanza di sicurezza senza produrre alcun danno.

Credit: NASA

mercoledì 13 maggio 2009

Agganciato Hubble


Con una manovra magistrale, il braccio meccanico dell'Atlantis ha agganciato il telescopio spaziale Hubble. Tutte le operazioni sono perfettamente riuscite grazie al sapiente e preciso lavoro di McArthur che le ha eseguite osservando ogni minimo dettaglio attraverso una telecamera appositamente predisposta. Hubble è stato assicurato a un cavo e alloggiato in un'apposita area dello Shuttle dove si svolgeranno tutte le operazioni di manutenzione e riparazione programmate. Saranno ben 5 le uscite extraveicolari degli astronauti di Atlantis, la prima è prevista per domani. Intanto il comandante Altman ha posizionato lo shuttle in modo che i pannelli solari di Hubble siano costantemente rivolti verso il Sole per poter completamente ricaricare le ormai esauste batterie del telescopio.

Credit: NASA

Tutto pronto per l'aggancio di Hubble


Sullo Shuttle Atlantis tutto è pronto per l'inizio delle operazioni di manutenzione al telescopio spaziale Hubble. Intorno alle 12,54 ora di Cape Canveral (alle 18,54 in Italia) Atlantis aggancerà il telescopio spaziale con il braccio meccanico in dotazione agli shuttle. In quel momento Atlantis e Hubble si troveranno a sorvolare le coste nordorientali del Madagascar ad un'altezza di circa 560 chilometri. Una volta agganciato, il telescopio spaziale rimarrà assicurato allo shuttle attraverso una sorta di lungo cavo consentendo così agli astronauti ben 5 uscite extraveicolari durante le quali saranno effettuate le operazioni di manutenzione programmata, sostituzione dei dispositivi non funzionanti e installazione dei nuovi strumenti che garantiranno a Hubble almeno altri 5 anni di piena operatività. Nella foto il comandante di missione Scott Altman al quadro di comando dell'Atlantis.

Credit: NASA

Non sono gravi i danni allo scudo termico


A seguito della verifica della tenuta dello scudo termico l'equipaggio dell'Atlantis ha rilevato la presenza di una crepa di circa 50 centimetri (nella foto)che interessa 4 delle centinaia di piastrelle che rivestone e proteggono l'intera struttura degli shuttle. A detta dei tecnici della NASA il danno appare non grave e comunque tale da non compromettere la sicurezza dell'equipaggio durante le delicate fasi del rientro. In ogni caso sono state programmate nuove attività ispettive al fine di una migliore valutazione del danno e per garantire la massima sicurezza a tutti gli uomini a bordo. Intanto l'Atlantis continua il suo avvicinamento al telescopio spaziale Hubble con il quale per mercoledì è previsto il primo incontro.

Credit: NASA

martedì 12 maggio 2009

Atlantis: iniziata la verifica dello scudo termico


Raggiunta felicemente l'orbita prevista e iniziato il lungo inseguimento che porterà lo shuttle Atlantis a incontrare il telescopio spaziale Hubble per gli interventi di manutenzione programmati, i membri dell'equipaggio hanno iniziato a verificare la tenuta dello scudo termico di protezione alla navicella. Il controllo viene effettuato anche con l'ausilio del braccio meccanico in dotazione agli Shuttle. L'immagine a fianco è stata ottenuta da una camera a bordo dell'Atlantis.

Credit: NASA


Primo giorno nello spazio per l'equipaggio dell'Atlantis


E' iniziato presto il primo giorno nello spazio per l'equipaggio della missione STS-125 dello shuttle. Mentre l'Atlantis continua il suo lento avvicinamento al telescopio spaziale Hubble a circa 560 chilometri di quota, i sette membri dell'equipaggio saranno impegnati a effettuare una serie di misure e operazioni per la verifica della piena funzionalità di tutti gli apparati di bordo.

Credit: NASA


Partito lo Shuttle Atlantis


Dopo quasi 20 anni di onorato servizio il telescopio spaziale Hubble è come una anziana persona a cui la vista inizia ad abbassarsi. Si è reso perciò necessario un sorta di intervento chirurgico per riparare i guasti verificatisi negli ultimi anni e per installare nuovi strumenti di osservazione. I chirurghi protagonisti di questo eccezionale intervento spaziale sono i sette astronauti dell Shuttle Atlantis partito ieri con un lancio perfetto dalla base di Cape Canaveral. Il primo rendez vous con Hubble avverrà il prossimo venerdì. Alla NASA sono sicuri che gli interventi programmati consentiranno al telescopio spaziale di proseguire nella sua entusiasmante attività di ricerca per i prossimi 5 anni, in attesa che sia pronto per il lancio il nuovo telescopio spaziale , il James Webb Space Telescope, destinato a sostituire Hubble. cielisereni seguirà con frequenti aggiornamenti momento per momento le fasi della missione di servizio dello Shuttle Atlantis.

Credit: NASA

lunedì 11 maggio 2009

Una nebulosa planetaria per l'ultima immagine della WFPC2


Molte delle stupefacenti immagini che il telescopio spaziale Hubble ci ha regalato sono state ottenute con una camera altamente sensibile, la Wide Field Planetary Camera 2 (WFPC2). Installata nel 1993 per sostituire una precedente versione di WFPL, da allora non solo ha permesso di ottenere splendidi immagini ma ha anche consentito l’acquisizione di risultati scientifici altrimenti impossibili. Durante la missione di servizio al telescopio spaziale il cui lancio è in programma per i prossimi giorni, la WFPC2 sarà sostituita da una versione aggiornata e potenziata. Gli ultimi giorni di operatività sono stati festeggiati dalla NASA con una splendida immagine della nebulosa planetaria Kohoutek 4-55 (K 4-55). Si tratta di una delle numerose nebulose planetarie scoperte dall’astronomo ceco Lubos Kohoutek. Le nebulose planetarie rappresentano gli ultimi stadi di vita di stelle di tipo solare. A seguito della forte instabilità cui va incontro questo tipo di stelle dopo una lunga vita durata miliardi di anni, gli strati più esterni vengono dispersi nello spazio che viene così arricchito dagli elementi più pesanti prodotti con le reazioni di fusione nucleare sviluppatesi all’interno del nucleo. I diversi colori con cui nell’immagine di Hubble appare il gas corrispondono ai vari atomi responsabili dell’emissione: il rosso è dovuto ad atomi di azoto, il verde all’idrogeno e il blu all’ossigeno. K 4-55 è una nebulosa che dista circa 4600 anni luce nella costellazione del Cigno. Nell’immagine è chiaramente visibile una struttura bipolare che circonda l’anello più interno. Un alone rosso più esterno formato da idrogeno circonda l’intera struttura la cui forma è da ascrivere fra quelle peculiari.
Credit: NASA, ESA, and the Hubble Heritage Team (STScI/AURA)

sabato 9 maggio 2009

Un giro in M101

M101 è una splendida galassia a spirale vista di faccia nella costellazione dell'Orsa Maggiore. La sua caratteristica forma l'ha fatta soprannominare "galassia girandola".
Osservata per la prima volta alla fine del '700 dagli astronomi Messier e Méchain, dista 24 milioni di anni luce. Il suo diametro è stimato in circa 170mila anni luce, quasi il doppio della Via Lattea. Questo splendido video è stato realizzato dalla NASA utilizzando le immagini ottenute da tre telescopi spaziali: Hubble che opera nel visibile, Chandra che osserva nella regione X dello spettro elettromagnetico e Spitzer che invece raccoglie la radiazione infrarossa. La sovrapposizione delle immagini, ciascuna relativa a una ben distinta regione dello spettro, consente non solo di avere un eccezionale visione d'insieme della galassia, ma anche di vedere come le singole sorgenti di ciacun tipo di radiazione sono distribuite e come interagiscono fra loro. In blu è rappresentata la radiazione X raccolta da Chandra proveniente da gas molto caldo e da resti di stelle esplose; in rosso è, invece, rappresentata la radiazione infrarossa raccolta da Spitzer proveniente da estese regioni di polveri e gas nelle quali si stanno formano nuove stelle; infine, in giallo e verde c'è la luce visibile fotografata da Hubble.
Credit: X-ray: NASA/CXC/JHU/K.Kuntz et al.; Optical: NASA/ESA/STScI/JHU/K. Kuntz et al; IR: NASA/JPL-Caltech/STScI/K. Gordon

venerdì 8 maggio 2009

Modificare le leggi di Newton?


La Via Lattea, come tutte le galassie di maggiori dimensioni, è accompagnata da uno stuolo di galassie minori a essa legate gravitazionalmente. Lo studio di queste piccole galassie, che per le loro ridotte dimensioni sono dette appunto galassie nane, è particolarmente importante ai fini della comprensione dei meccanismi di formazione ed evoluzione delle galassie. Un recente studio di un team internazionale di astronomi guidato da Helmut Jerjen ha messo in evidenza una serie di comportamenti e caratteristiche delle galassie nane legate alla Via Lattea che difficilmente possono trovare spiegazione nell’ambito della teoria della gravitazione di Newton. Nell’ambito dei modelli evolutivi attualmente più accreditati, le galassie nane dovrebbero avere una distribuzione uniforme attorno a tutta la Galassia. Invece, gli astronomi hanno messo in evidenza come tutte le galassie nane osservate attorno alla Via Lattea sono distribuite sullo stesso piano, formando una sorta di disco. Inoltre, e anche questo è difficilmente spiegabile nell’ambito degli attuali modelli teorici, tutte appaiono ruotare nello stesso verso. Ciò implica che la loro formazione possa essere ricondotta a successive aggregazioni di formazioni stellari ancora più piccole, senza alcun bisogno di invocare presenze esotiche come la materia oscura. Materia oscura che però appare necessaria, se si vuole salvare la dinamica newtoniana, per spiegare i moti delle stelle all’interno delle galassie. Per spiegare questa contraddizione Jerjen ritiene necessario procedere a una modifica delle leggi della gravitazione rendendo così inutile ogni ipotesi sulla presenza della ancora misteriosa materia oscura. D’altra parte, fa notare Jerjen, non è la prima volta che le leggi di Newton verrebbero modificate: era già successo per spiegare i moti ad alte velocità o in presenza di grandi masse (teoria della relatività) o nell’ambito delle particelle sub atomiche (meccanica quantistica). Il team di Jerjen ha già programmato una vasta e approfondita campagna di osservazioni per raccogliere ulteriori dati sulle caratteristiche delle galassie nane che accompagnano la Via Lattea e le altre galassie maggiori.
Credit: Mischa Schirmer, University of Bonn

giovedì 7 maggio 2009

Una misura più accurata della costante di Hubble


Un team di astronomi americani ha utilizzato osservazioni di variabili cefeidi che il telescopio spaziale Hubble ha condotto nell’arco di 11 anni per definire con margini di errore molto più ristretti il valore della costante di Hubble che misura il tasso di espansione dell’universo. Il valore stimato per la costante di Hubble è risultato essere di 74,2 chilometri al secondo per megaparsec con un margine di errore di +3,6 che raddoppia il grado di precisione delle precedenti misure. La costante di Hubble è così chiamata in onore dell’astronomo Edwin Hubble che per primo si accorse dell’espansione dell’universo. Misurando la velocità di recessione delle galassie Hubble vide che più queste erano distanti più si allontanavano velocemente, con un fattore di proporzionalità che è appunto la costante che porta il suo nome. L’elaborazione di un modello di universo in espansione rese non più necessaria l’ipotesi della costante cosmologica che Einstein aveva introdotto nelle sue equazioni per garantire l’esistenza di quello che lui riteneva fosse un universo statico. Un simile universo, infatti, non potrebbe sopravvivere ma collasserebbe sotto l’azione della sua stessa gravità. Einstein introdusse perciò la costante cosmologica, una sorta di forza repulsiva che pervade l’intero universo opponendosi all’azione della gravità. Tale ipotesi però diventa superflua per un universo in espansione dove la gravità è controbilanciata dalla velocità con cui le galassie si allontanano una dalle altre. Da qualche anno però, accurate misure di distanza fatte osservando supernovae esplose in galassie distanti hanno messo in evidenza come il tasso di espansione dell’universo vada crescendo con il tempo. La causa di tale accelerazione resta ancora ignota e gli astronomi la attribuiscono alla misteriosa energia oscura sulla cui natura si sa ancora molto poco. Per certi versi l’energia oscura, se esiste, ha un comportamento molto simile alla costante cosmologica che, in qualche modo e nonostante fosse stata definita dallo stesso Einstein “la sua più grande cantonata”, ricompare così nei modelli che descrivono l’evoluzione dell’universo.

Credit: Hubble

mercoledì 6 maggio 2009

Ultime da Mercurio


I ricercatori della NASA sono impegnati ad analizzare la gran quantità di dati che la sonda Messenger ha raccolto durante il fly by con Mercurio avvenuto lo scorso 6 ottobre. Progettata e realizzata con il preciso scopo di osservare e studiare da vicino il più interno fra i pianeti del sistema solare, la sonda aveva già incontrato Mercurio nel gennaio 2008. Erano ormai trascorsi più di 30 anni da quando l'ultima sonda americana si era avvicinata al pianeta e molto restava ancora da scoprire. E in effetti i risultati e le sorprese non sono mancate. Intanto, Messenger ha quasi completato la mappatura della superficie del pianeta. Mercurio appare ricoperto di crateri, alcuni molto antichi risalenti alle prime fasi evolutive del sistema solare quando i pianeti, non ancora completamente formati, erano sottoposti a un intenso bombardamento meteoritico. E' il caso del cratere Rembrandt, scoperto proprio dalla sonda durante l'ultimo passaggio. Ampio 690 chilometri, la sua età è stimata, grazie al conteggio del numero e delle dimensioni dei più piccoli crateri di impatto contenuti al suo interno, in circa 3,9 miliardi di anni. Non meno sorprendente appare l'intesa interazione fra il campo magnetico del pianeta con il vento solare. Nel giro dei pochi mesi che separano i due fly by del 2008, Messanger ha misurato profondi cambiamenti nella magnetosfera del pianeta, attribuibili a fenomeni di interazione con il vento solare. Messenger è attesa da un terzo e ultimo fly by il prossimo 29 settembre. Dopodichè, a partire da marzo del 2011 la sonda entrerà in orbita stabile attorno a Mercurio completando e approfondendo le osservazioni per svelare gli ancora numerosi misteri del pianeta.

Credit: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Smithsonian Institution/Carnegie Institution of Washington

martedì 5 maggio 2009

Il mistero dell'emissione X diffusa


Un'immagine molto dettagliata del centro galattico ottenuta dal telescopio spaziale Chandra, che opera nella regione X dello spettro elettromagnetico, permetterà di risolvere l'enigmatico mistero legato all'emissione X diffusa proveniente dalla regione. L'universo così come ci appare se guardato a occhio nudo o con l'ausilio di un telescopio è molto diverso se osservato ad altre lunghezze d'onda. Nell'infrarosso, per esempio, è possibile penetrare le dense nubi di gas e polveri che altrimenti ci impedirebbero le osservazioni di sistemi stellari in formazione, mentre alle alte energie, come i raggi X e gamma, è possibile studiare alcuni fra i più energetici fenomeni che avvengono nell'universo fin nelle sue più remote regioni. Già da circa 20 anni era nota l'emissione X diffusa proveniente dalle regioni centrali della Galassia. L'area interessata è molto vasta e la natura dell'emissione ha sin dalla sua scoperta posto dei problemi di interpretazione. Una delle ipotesi avanzate era che potesse trattarsi di emissione proveniente da gas ad alta temperatura, oltre 100 milioni di gradi. Però, tale spiegazione poneva dei problemi in quanto il disco galattico non è così masiccio da riuscire a confinare con la sua gravità il gas che si sarebbe dovuto disperdere in periodi relativamente brevi. L'immagine ottenuta recentemente da Chandra può però aiutare a risolvere il mistero. Il telescopio spaziale ha osservato una ristretta regione in prossimità del centro galattico. Ciò che si è visto è che quella che era ritenuta una emissione diffusa se osservata con risoluzioni inferiori viene risolta da Chandra in centinaia di sorgenti discrete, il cui numero se estrapolato sull'intera area interessata dall'emissione potrebbe arrivare anche a milioni. Con tutta probabilità l'emissione di queste sorgenti è dovuta a gas che, strappato dall'attrazione gravitazionale di nane bianche in sistemi binari, precipita riscaldandosi ed emettendo in banda X.

Credit: X-ray (NASA/CXC/TUM/M.Revnivtsev et al.); IR (NASA/JPL-Caltech/GLIMPSE Team)