mercoledì 27 gennaio 2010

Vani i tentativi di liberare Spirit, ma il rover non è morto


"Spirit non è morto: ha solo iniziato una nuova fase della sua vita". Le parole di Doug McCuistion, direttore del Mars Exploration Program della NASA, annunciano la decisione di abbandonare i tentativi di liberare il rover marziano dalla sabbia nella quale da circa 10 mesi è intrappolato. Spirit, dunque, non si muoverà più sulla superficie del pianeta rosso alla scoperta dei suoi segreti, ma continuerà a operare come piattaforma scientifica statica. E se riuscirà, come tutti sperano, a superare il duro inverno marziano, allora sarà ancora notevole il contributo scientifico che potrà dare per il miglioramento delle nostre conoscenze su Marte. Sono trascorsi 6 anni da quando Spirit, insieme al rover gemello Opportunity, toccò il suolo del pianeta iniziando un'avventura che, progettata per durare soli 3 mesi, ha contribuito in maniera determinante a cambiare, migliorandole, le nostre conoscenze su Marte. Grazie alle immagini, alle analisi, alle osservazioni che i due rover hanno condotto direttamente sul suolo marziano, oggi sappiamo con certezza che un tempo sul pianeta scorrevano fiumi che confluivano in grandi bacini, conosciamo con un dettaglio senza precedenti le caratteristiche fisico chimiche delle sue rocce e della sabbia che ne ricopre la superficie, abbiamo potuto studiare come mai in precedenza la meteorologia e la composizione della pur tenue atmosfera, abbiamo perfino potuto analizzare alcuni meteoriti precipitati in epoche remote su Marte. In questi sei anni i due rover hanno percorso vari chilometri in una marcia che li ha condotti a scalare colline, a scendere all'interno di crateri, a superare ostacoli più o meno grandi. Fino a quando, 10 mesi fa, Spirit è incappato in un terreno sabbioso nel quale è rimasto intrappolato. Anche a causa del malfunzionamento di una delle sei ruote sulle quali si sposta, tutti i tentativi di liberarlo sono stati vani e oggi, anche alla luce delle avverse condizioni climatiche dell'ormai prossimo inverno e della ridotta capacità di produzione di energia elettrica da parte dei pannelli solari di cui è dotato, i tecnici della NASA hanno preso la dolorosa ma necessaria decisione di abbandonare i tentativi di liberare il rover e di utilizzare tutte le risorse energetiche residue per l'unico obiettivo di superare la stagione rigida. Ma se questo obiettivo sarà raggiuto, se Spirit sopravviverà all'inverno marziano, allora lo attenderà una nuova stagine di grandi ricerche: lo studio delle variazioni nella rotazione del pianeta per comprenderne la composizione interna, l'analisi dell'atmosfera e del clima locale, l'analisi del suolo e delle rocce circostanti. Se Spirit riuscirà in tutto ciò allora, se possibile, ancora più grande sarà la gratitudine che l'intera comunità scientifica gli tributerà.

Credit: NASA/JPL-Caltech

venerdì 22 gennaio 2010

Una collisione fra asteroidi?


Quella che apparentemente si mostra come una cometa come tante in orbita attorno al Sole potrebbe alla fine rivelarsi come la prima testimonianza in diretta di uno scontro fra asteroidi. Lo scorso 6 gennaio la rete LINEAR (Lincoln Near Earth Asteroid Research) dedicata alla rilevazione di asteroidi potenzialmente pericolosi per la Terra ha scoperto un oggetto, denominato P/2010 A2, che, presentandosi con una lunga coda, è stato subito classificato come cometa. L'oggetto percorre un'orbita poco eccentrica all'interno della fascia degli asteroidi, una regione di spazio compresa fra le orbite di Marte e Giove con migliaia di corpi rocciosi dalle dimensioni più varie, da pochi metri fino a centinaia di chilometri. E' stata, però, proprio l'orbita percorsa da P/2010 A2 a far sorgere qualche dubbio sulla sua reale natura. Di solito, infatti, le comete percorrono orbite di elevata ellitticità che le porta ad avvicinarsi molto al Sole per poi allontanarsene fino a regioni molto remote. Proprio nella fase di maggior avvicinamento si assiste alla formazione della coda, provocata dall'azione della radiazione solare sui composti volatili delle comete. Gli astronomi hanno perciò avanzato l'ipotesi che la coda mostrata da P/2010 A2 potesse essere una lunga scia di detriti formatisi a seguito di uno scontro fra due asteroidi. Ipotesi che pare aver trovata una prima conferma dalla scoperta nelle vicinanze di P/2010 A2 di un corpo roccioso di dimensioni pari a circa 200 metri, che si muove nella stessa direzione e con la stessa velocità della coda e che potrebbe essere perciò il frammento di maggiori dimensioni formatosi a seguito dello scontro. Saranno, tuttavia, necessarie ulteriori osservazioni per trovare conferme all'ipotesi dello scontro che, in questo caso, sarebbe il primo fra asteroidi a essere stato osservato quasi in diretta.

Credit: Jim Scotti

mercoledì 20 gennaio 2010

Ricostruita la storia della formazione stellare in una piccola galassia


Combinando le osservazioni del telescopio spaziale Hubble con i dati ottenuti col radiotelescopio VLA (Very Large Array) un team di astronomi guidato da Benjamin Williams è riuscito a ricostruire la storia della formazione stellare di NGC 2976, una piccola galassia irregolare distante 12 milioni di anni luce nella costellazione dell'Orsa Maggiore. La galassia presenta alcune peculiarità sia morfologiche, priva com'è di bracci a spirale, sia evolutive, presentando un tasso di formazione stellare molto basso, con processi per altro concentrati quasi esclusivamente in una regione di non più di 5mila anni luce di diametro intorno al buco nero centrale. Grazie alla sensibilità dell'occhio di Hubble, gli astronomi sono riusciti a studiare singole stelle all'interno della galassia, determinandone le caratteristiche fisiche e l'età. Da qui la scoperta che i processi di formazione stellare sono del tutto assenti nelle regioni più esterne e molto ridotti in quelle interne. La spiegazione può essere cercata nell'interazione gravitazionale che la galassia ha subito con i membri di maggiori dimensioni dell'ammasso cui appartiene anche M81. A seguito degli incontri ravvicinati, il gas delle regioni più esterne fu strappato via, mentre all'interno del disco fu spinto verso il centro ad alimentare la voracità del buco nero centrale. L'attività di formazione stellare nelle regioni interne è comunque molto ridotto e, dalle stime degli astronomi, non durerà che per altri 500 milioni di anni. Un tale processo è già stato descritto dai modelli teorici e le recenti osservazioni di NGC 2976 paiono confermarli.

Credit: NASA, ESA, and J. Dalcanton and B. Williams (University of Washington, Seattle)

domenica 10 gennaio 2010

Ancora un "piccolo" pianeta


Mentre Kepler, la sonda della NASA progettata e realizzata per essere in grado di rilevare pianeti extrasolari di taglia terrestre, continua la sua attività di ricerca, anche i grandi telescopi terrestri sonno attivamente impegnati nella caccia a nuovi mondi. E', ad esempio, il caso del grande telescopio Keck che opera sotto i cristallini cieli delle Hawaii: grazie allo spettrografo HiRES (High Resolution Echelle Spectrograph) un team di astronomi guidato da Andrew Howard ha annunciato la scoperta di un pianeta, HD156668b questa la sigla che lo identifica, di appena 4 masse terrestri che ruota in poco più di 4 giorni attorno a una stella distante circa 80 anni luce nella costellazione di Ercole. La sua ridotta massa lo pone al secondo posto fra quelli più piccoli fino ad ora individuati. La sua scoperta è stata possibile grazie alla tecnica delle velocità radiali, misurando cioè le piccole pertubazioni indotte sul moto della stella dalla pur tenue attrazione gravitazionale esercitata dal pianeta. La sua ridotta distanza dalla stella lo rende un mondo estramamente caldo e inospitale, ma lo studio delle sue caratteristiche può comunque fornire importantissime informazioni sui processi che portano alla formazione e successiva migrazione dei corpi nei sistemi planetari.

Credit: NASA, ESA, and G. Bacon (STSci)

mercoledì 6 gennaio 2010

I "semi" delle galassie


Ben 5 gruppi internazionali di astronomi hanno annunciato l'osservazione delle galassie più distanti mai individuate. Utilizzando la Wide Field Camera 3 (WFC3) installata sul telescopio spaziale Hubble durante l'ultima missione di servizio, gli astronomi hanno ottenuto le immagini di almeno 29 oggetti galattici di cui dodici con redshift pari a 6.3 e altre quattro con redshift superiore a 7. Ciò porta a stimare le loro distanze in circa 13 miliardi di anni luce, il che significa che queste galassie popolavano l'universo già 800 milioni di anni dopo la sua fromazione. Si tratta di giovani galassie blu di dimensioni inferiori a un decimo di quelle della Via Lattea e con masse non superiori a qualche per cento di quella della nostra galassia. "L'osservazione è stata possibile - afferma l'astronomo scozzese Ross McLure - grazie all'eccezionale sensibilità nell'infrarosso della WFC3". Oltra a stabilire il record di distanza per le galassie, la scoperta fornisce importanti informazioni sui processi di formazione ed evoluzione dell'universo primordiale. In particolare, la scoperta di galassie piccole ma già formate nell'universo distante segna un punto a favore del modello di accrescimento gerarchico delle galassie secondo il quale le grandi galassie che popolano l'universo locale si sono formate a seguito degli scontri e delle fusioni che hanno subito quelle più piccole. Inoltre, la presenza di galassie già 800 milioni di anni dopo il big bang significa che i processi di formazione stellare devono essere cominciati prima di quanto fino ad ora ritenuto. Infine, lo studio delle galassie individuate da Hubble permette di ricavare informazioni sui meccanismi che portarono alla reionizzazione dell'universo, un evento verificatosi tra 400 e 900 milioni di anni dopo il big bang quando l'energia liberata dalle prime stelle strappò elettroni all'idrogeno neutro che allora riempiva l'universo rendendolo trasparente alla radiazione.

Credit: NASA

martedì 5 gennaio 2010

Kepler scopre cinque nuovi pianeti extrasolari

Kepler ha scoperto cinque nuovi pianeti extrasolari portando a otto il numero totale di quelli fino ad oggi individuati dalla sonda della NASA. L'annuncio è stato dato dal responsabile scientifico della missione William Borucki nel corso di una conferenza stampa tenuta a Washington presso l'American Astronomical Society. Lanciata il 9 marzo 2009, Kepler è stata progettata e realizzata allo scopo di individuare pianeti extrasolari di taglia terrestre nella fascia di abitabilità di un campione di 150mila stelle che costituiscono il suo traget osservativo. I 5 pianeti recentemente scoperti, denominati rispettivamente Kepler 4b, 5b, 6b, 7b e 8b, in realtà non possiedono affatto caratteristiche propriamente "terrestri": hanno, infatti, masse comprese fra quella di Nettuno e Giove, periodi orbitali compresi fra 3 e 5 giorni e temperature di molte migliaia di gradi, tanto da rendere impossibile la presenza di qualsiasi forma di vita su una loro ipotetica superficie. La scoperta è, però, un'importante conferma delle potenzialità di Keplere e lascia ben sperare circa le concrete potenzialità della sonda di centrare gli obiettivi scientifici per i quali è stata costruita.

Credit: NASA

lunedì 4 gennaio 2010

Spirit in difficoltà


Sono trascorsi 6 anni da quando il 3 gennaio del 2004 il rover Spirit della NASA toccava il suolo marziano seguito, 3 settimane dopo, dal suo gemello Opportunity. Entrambi i rover avevano una vita programmata di appena tre mesi, ma la loro operatività ha superato ogni più rosea aspettativa consentendo, in sei anni di intensa attività di ricerca scientifica, di ottenere risultati di straordinaria importanza nel campo delle nostre conoscenze sul pianeta rosso. I rover hanno percorso la superficie marziana per svariati chilometri, ne hanno analizzato la composizione, studiato le rocce e i sedimenti, hanno permesso di accertare la presenza di abbondante acqua nel passato del pianeta. Ora, però, la sopravvivenza di Spirit è a forte rischio. Da circa 6 mesi il rover è intrappolato in un terreno sabbioso dal quale non riesce a emergere. Tutti i tentativi operati dai tecnici di missione sono stati vani, complicati dal cattivo funzionamento di almeno due delle sei ruote su cui si sposta il rover. In realtà, anche da fermo Spirit ha continuato le sue attività scientifiche. Il problema è che è ormai prossimo il rigido inverno marziano. Nei precedenti tre inverni già affrontati dai rover, la sopravvivenza è stata loro garantita dal posizionamento dei loro pannelli solari rivolti in modo tale da massimizzare la capacità di raccolta della radiazione. Con Spirit bloccato però i tecnici della NASA non sono affatto sicuri di riuscire nuovamente nell'impresa. In mancanza di sufficiente energia per riscaldare i delicati sistemi di bordo difficilmente Spirit riuscirà a sopravvivere. Nelle prossime settimane è stato convocato un vertice operativo per decide il da farsi in base principalmente a valutazioni di costi/benefici. Ogni tentativo per salvare Spirit ha, infatti, costi elevati e, dato il limitato budget disponibile, ogni decisione va presa considerando le possibilità di ritorno in termini di risultati scientifici conseguibili. Noi tutti facciamo il tifo per Spirit!
Credit: NASA

On line il nuovo numero de "L'Astrofilo"


Puntuale come ogni mese è in distribuzione gratuita il nuovo numero della rivista telematica "L'Astrofilo". E insieme al numero 14 di gennaio 2010 della rivista viene distribuito anche la seconda uscita dei fumetti scientifici. Il numero di gennaio si arricchisce di un nuova rubrica destinata agli appassionati delle osservazioni del profondo cielo. Inoltre la sezione dedicata alle effemeridi è più ricca e completa che mai. Buona lettura a tutti.