giovedì 12 agosto 2010

NGC 4696: un'ellittica peculiare


NGC4696 non è solo il meraviglioso soggetto al centro di questa immagine ottenuta con l?advanced Camera for Surveys del telescopio spaziale Hubble. Infatti, oltre a essere la galassia più massiccia dell'ammasso di galassie del Centauro, è anche una ellittica dalla morfologia decisamente peculiare. Fra le sue caratteristiche più evidenti che la distingue dalle ordinarie galassie ellittiche e ne determina la forma è una estesa (oltre 30mila anniluce) banda oscura formata da polveri e gas.

Credit: http://www.spacetelescope.org/

domenica 8 agosto 2010

Lo scontro fra le Antenne


Le osservazioni dei tre telescopi spaziali della NASA Hubble, Spitzer e Chandra, ciascuno operante in una particolare banda dello spettro elettromagnetico, hanno consentito di ottenere questa splendida immagine delle famose galassie Antenne, una coppia di galassie interagenti colte nell'atto di scontrarsi. Lo scontro fra galassie non è affatto un evento raro e, lungi dall'avere conseguenze distruttive, può innescare processi di intensa formazione stellare. Nel caso delle galassie Antenne, distanti circa 62 milioni di anni luce nella costellazione australe del Corvo, lo scontro è iniziato da circa 100 milioni di anni e dalla loro interazione stanno nascendo numerosissime nuove stelle visibili come aree particolarmente brillanti nell'immagine della NASA.

Credit: Chandra

lunedì 14 giugno 2010

CoRoT: ancora nuove scoperte


Continua a crescere il numero di pianeti extrasolari individuati dalla sonda CoRoT. Il satellite francese, progettato e costruito allo scopo di scoprire pianeti in orbita attorno ad altre stelle, tiene sotto stretta osservazione un gran numero di stelle così da induviduarne le pur piccole variazioni di luminostità prodotte dal transito sul loro disco di eventuali pianeti in orbita. Con tale metodo CoRoT è riuscito a individuare altri 6 oggetti planetari e una nana bruna in orbita attorno ad altrettante stelle.

Il comunicato stampa della notizia è disponibile qui (in inglese).

Credit: ESA

venerdì 4 giugno 2010

Il video di un impatto su Giove

Un evidente e brillante flash luminoso, dovuto probabilmente all'impatto di un oggetto asteroidale sugli strati superiori dell'atmosfera di Giove, è stato osservato da due esperti astrofili, l'australiano Anthony Wesley e il filippino Christopher Go. Il flash è durato pochi istanti ma è stato particolarmente evidente. Non è la prima volta che il gigante gassoso viene osservato mentre subisce l'impatto con corpi minori del Sistema Solare. Il più famoso impatto è quello del 1994 fra Giove e i frammenti formatesi dalla disgregazione del nucleo della cometa Shoemaker-Levy 9, mentre nel luglio dello scorso anno le conseguenze di un altro scontro con un oggetto probabilmente di natura asteroidale si resero evidenti sulla caratteristica atmosfera a bande del pianeta.

Credit: spaceweather.com

giovedì 3 giugno 2010

La Grande Nube di Magellano: una fantastica immagine


La Grande Nube di Magellano (LMC, Large Magellanic Cloud) è una della galassie satellite della Via Lattea. Data la sua vicinanza, circa 160mila anni luce, è un oggetto molto studiato perchè fornisce importanti indicazioni su numerosi processi quali la formazione e l'evoluzione stellare, la dinamica degli ammassi stellari, l'astronomia delle alte energie. La LMC è una galassia irregolare che contiene circa un decimo della massa della Via Lattea e ha dimensioni decisamente più piccole con un diametro di "soli" 14mila anni luce. In questa splendida immagine ottenuta componendo 4 immagini riprese col telescopio di 2,2 metri dell'ESO che opera dai bui cieli de La Silla in Cile sono visibili numerossimi oggetti che popolano il nostro vicino galattico. Il testo completo (in inglese) del comunicato stampa dell'ESO è scaricabile qui.
Credit: ESO

Il nuovo numero de L'ASTROFILO


Il numero di giugno della rivista L'ASTROFILO è disponibile on line per essere scaricato gratuitamente insieme alla settima uscita del fumetto scientifico. Giunta ormai al 19° numero, la rivista degli appassionati di astronomia è come sempre ricca di contenuti, appuntamenti, suggerimenti sia per chi è alle prime armi che per i più esperti. Da segnalare nel numero di giugno un interessante articolo sui rapporti fra la scienza e il mondo della comunicazione e in particolare su come la scienza viene spesso (mal)trattata dalla televisione. L'ASTROFILO è scaricabile gratuitamente dal sito della rivista.

venerdì 21 maggio 2010

Giove perde una fascia.


A causa di meccanismi non ancora ben chiari e attualmente allo studio da parte di vari team di ricercatori, una delle bande di nubi presenti nell'atmosfera di Giove è improvvisamente scomparsa. Le bande di nubi sono fra le formazioni più evidenti e note dell'atmosfera del pianeta gigante, visibili anhe in piccoli telescopi amatoriali. Per approfondire l'argomento si può leggere questo interessante articolo pubblicato sul sito della NASA.

lunedì 3 maggio 2010

On line il numero di maggio de "L'ASTROFILO"


Ricco come sempre di contenuti e splendide immagini, è disponibile on line il nuovo numero de "L'Astrofilo". Il numero di maggio, scaricabile dal sito della rivista, è accompagnato dalla sesta pubblicazione dei fumetti scientifici, dedicata questa volta al magnetismo terrestre. Giunto al 18° numero, L'Astrofilo si conferma sempre più come uno dei punti di riferimento per gli appassionati di astronomia, siano essi alle prime armi o già esperti. Particolarmente interessante in questo nuovo numero è l'articolo che ci introduce nell'affascinante ma ancora poco esplorato mondo della spettrografia amatoriale. Da sottolineare poi il meritato successo del sito della rivista e in particolare della sezione dedicata alle ultime notizie dal mondo della ricerca astronomica.

mercoledì 31 marzo 2010

L'ASTROILO - on line il nuovo numero


Puntuale come sempre, è disponibile on line il numero 17 de "L'ASTROFILO", la rivista telematica di informazione astronomica. Il nuovo numero è scaricabile gratuitamente insieme alla nuova uscita dei fumetti scientifici semplicemente registrandosi al sito della rivista. Ricco come sempre di contenuti, appuntamenti, suggerimenti per l'osservazione, il sito si segnala anche per la sezione delle news costantemente aggiornata tanto da farne una delle principali fonti di informazione astronomica in lingua italiana.

sabato 20 marzo 2010

CoRoT 9b: una pietra miliare nello studio dei pianeti extrasolari


Individuato con il metodo dei transiti dal satellite francese CoRoT nell'estate del 2008, presenta caratteristiche fisiche e orbitali che ne consentono lo studio come mai è stato possibile per gli oltre 400 pianeti extrasolari fino ad oggi individuati. CoRoTo 9b, questo è il suo nome, è un pianeta gassoso di taglia gioviana che ruota in 95 giorni attorno a una stella distante 1500 anni luce nella costellazione del Serpente, muovendosi lungo un'orbita di dimensioni confrontabili con quella di Mercurio. Il metodo dei transiti con il quale è stato individuato sfrutta il fortunato allineamento con Terra lungo la linea di osservazione che provoca un calo di luminosità della stella dovuto al transito del pianeta sul disco stellare. L'analisi del calo di luminosità combinata con l'indagine spettroscopica fornisce importanti e precise informazioni sul pianeta transitante, come il suo diametro, la massa, la densità, la composizione chimica. Nel caso di CoRoT 9b lo studio è facilitato dal fatto che il pianeta si trova sufficientemente lontano dalla stella da consentire un'analisi dettagliata delle sue caratteristiche chimico fisiche. Un importante studio in tal senso è stato condotto da un gruppo internazionale di astronomi che hanno utilizzato il telescopio di 3,6 metri gestito dall'ESO a La Silla in Cile. Grazie a questo strumento e alle osservazioni del satellite CoRoT, gli astronomi hanno potuto per esempio stimare la temperatura superficiale del pianeta che è risultata essere compresa tra i -20 e +160 °C, molto più "mite" di quella rovente che caratterizza i cosiddetti "giovi caldi", giganti gassosi che si muovono lungo orbite molto strette attorno alle loro stelle.

Credit: ESO

venerdì 5 marzo 2010

Una galassia solitaria


Generalmente le galassie non sono sole. A causa della mutua attrazione gravitazionale formano gruppi e ammassi composti da poche decine fino a centinaia di galassie. All'interno degli ammassi gli scontri e le fusioni fra galassie non sono affatto rari, con quelle di massa maggiore che attraggono, distorcono e poi inglobano quelle più piccole. La stessa Via Lattea mostra al suo interno o nelle immediate vicinanze ciò che resta di galassie più piccole divorate nel corso dei miliardi di anni della sua storia evolutiva. Il processo di fusione (merging) e accrescimento è uno dei principali fattori che determinano l'evoluzione delle galassie. Secondo alcuni modelli teorici, ad esempio, le galassie ellittiche giganti si formano a seguito delle fusioni di galassie a spirale. Infatti, il centro degli ammassi, lì dove la densità galattica è maggiore e più frequnti sono gli scontri, è spesso dominato da giganti ellittiche. Al contrario è raro trovare galassie isolate. C'è però riuscito il telescopio spaziale Hubble che ha ripreso la galassia ellittica gigante ESO 306-17 distante circa 500 milioni di anni luce. Nell'immagine la galassia appare circondata da numerose altre galassie che però si trovano a distanze maggiori e le sono solo prospetticamente vicine. Di fatto ESO 306-17 appare del tutto isolata nello spazio, immersa com'è in un mare di gas intergalattico. Immagini più dettagliate della galassia mostrano numerosi ammassi globulari che potrebbero essere ciò che resta delle galassie più piccole "cannibalizzate" da ESO 306-17 nel corso della sua storia.

Credit: NASA, ESA and Michael West (ESO)

sabato 27 febbraio 2010

On line il nuovo numero de "L'ASTROFILO"



Puntuale come sempre è scaricabile gratuitamente il numero di marzo de L'Astrofilo, la rivista telematica dedicata agli appassionati del cielo. Anche questo numero è ricco di preziose informazioni per gli astrofili, siano essi principianti che più esperti. Numerose poi le iniziative organizzate dalle associazioni amatoriali in tutta Italia. Insieme al numero 16 è scaricabile anche la quarta uscita dei fumetti scientifici dedicati ai più piccoli. Per scaricare i numeri è sufficiente collegarsi al sito della rivista.

giovedì 25 febbraio 2010

NGC 346, uno splendido ammasso



NGC 346 è uno splendido ammasso aperto formato da decine di giovani stelle la cui età è stimata in non più di qualche milione di anni. Si trova nella Piccola Nube di Magellano, una piccola galassia satellite della Via Lattea visibile anche a occhio nudo dai cieli australi. Distante circa 210mila anni luce e di dimensioni stimate in circa 200 anni luce, NCG 346 è restituita in tutta la sua straordinaria bellezza in questa immagine ottenuta dagli astronomi dell'ESO utilizzando la camera WFI (Wide Field Imager) con il telescopio di 2,2 metri che opera sotto i cieli di La Silla in Cile. Oltre alle numerose, giovani stelle sono anche visibili le strutture nebulari costituite dal gas nelle quali sono ancora in svolgimento i processi di formazione stellare. La caratteristica forma assunta dalla nube di gas è dovuta all'azione degli intensi venti stellari emessi dalle giovani stelle che scavano e modellano il gas in un processo in continua evoluzione man mano che nuove stelle iniziano il loro ciclo vitale.


Credit: ESO

venerdì 19 febbraio 2010

M31 e le supernovae Ia


Oltre a regalarci un'altra splendida vista di M31, la grande galassia di Andromeda distante circa 2,5 milioni di anni luce, l'immagine composita ottenuta sommando le osservazioni in banda X del telescopio spaziale Chandra, nell'infrarosso di Spitzer e nel visibile della Digitized Sky Survey sta aiutando gli astronomi a comprendere meglio i meccanismi che portano all'esplosione di un particolare tipo di supernovae, le supernovae Ia. Si tratta di stelle che rivestono una particolare importanza in ambito cosmologico, essendo utilizzate come candele standard per la misura delle distanze di galassie lontane. I modelli teorici prevedono che le supernovae di tipo Ia esplodono quando una nana bianca in un sistema binario stretto, strappando materia alla compagna, accresce la propria massa oltre il limite di 1,4 masse solari innescando così una distruttiva deflagrazione termonucleare. L'analisi dell'intensità dell'emissione X rilevata da Chandra al centro di M31 mette però in dubbio questo modello, favorendo invece un meccanismo innescato dalla fusione di due nane bianche in orbita stretta l'una attorno all'altra. Tale ipotesi pare per altro trovare un primo, parziale riscontro con le osservazioni condotte da Chandra e relative a altre cinque galassie a spirale.

Credit: X-ray (NASA/CXC/MPA/M.Gilfanov & A.Bogdan), Infrared (NASA/JPL-Caltech/SSC), Optical (DSS)


Nel video è mostrata un'animazione che mostra il meccanismo di fusione di due nane bianche che porta all'esplosione di una supernova di tipo Ia

venerdì 12 febbraio 2010

La nebulosa di Orione come mai vista prima




VISTA (Visible and Infrared Survey Telescope for Astronomy), il nuovo telescopio di 4,1 dell'ESO che opera sotto i bui cieli del Cile, ci mostra M42, la famosissima nebulosa di Orine, con un dettaglio mai visto in una serie di straordinarie immagini ottenute nell'infrarosso. VISTA è un telescopio progettato per mappare il cielo nella regione infrarossa dello spettro elettromagnetico. Pur essendo uno degli oggetti astronomici più conosciuti, fotografati e studiati del cielo, M42 si presenta nelle immagini ottenute da VISTA nella sua straordinaria bellezza mostrandoci altresì dettagli mai rilevati in precedenza. Situata nella costellazione di Orione a disegnarne parte della spada, M42 è una regione di formazione stallare la cui distanza è stimata in 1350 anni luce. Visibile anche a occhio nudo e magnifica se osservata al telescopio, i processi che in essa si svolgono possono però essere rilevati solo se osservati nell'infrarosso. A differenza della radiazione infrarossa, infatti, la luce emessa dalle giovani stelle neonate o ancora in formazione non riese a penetrare le dense nubi di gas e polveri dalle quali sono avvolte. Oltre alle quattro stelle che costituiscono il trapezio posto al centro di M42, Vista è riuscita così a osservare numerose giovani stelle annidate nel cuore della regione. Queste stelle emettono intensi getti di radiazione e materia espulsa a velocità fino a 700mila chilometri orari. Questi getti eccitano il gas circostante provocando l'emissione di radiazione pure rilevata nelle imagini di VISTA.










Credit: ESO

Le aurore di Saturno


Il fortunato allineamento con cui il pianeta presenta ogni 15 anni ha permesso al telescopio spaziale Hubble di riprendere delle splendide immagini di Saturno. Il signore degli anelli mostra entrambi i poli abbelliti dai magici giochi di luce di due aurore.

Credit: NASA/ESA

venerdì 5 febbraio 2010

Una coppia di quasar


Le osservazioni del telescopio spaziale Chandra che opera nella regione X dello spettro elettromagnetico hanno consentito per la prima volta di ottenere un'immagine dettagliata di una coppia di quasar all'interno di una struttura galattica formatasi a seguito dello scontro e successiva fusione di due galassie distanti più di 4 miliardi e mezzo di anni luce nella costellazione della Vergine. I due quasar sono separati da una distanza di appena 70mila anni luce e nell'immagine ottica sovrapposta a quella ottenuta in banda X da Chandra sono chiaramente visibili le code mareali di stelle e materia strappate alle gallassie a seguito dello scontro. I quasar sono sede di intense emissioni X che si generano quando grandi quantità di materia vengono risucchiate dai buchi neri posti al centro delle galassie, disponendosi lungo dischi di accrescimenti dove, riscaldandosi emettono radiazione X. Lo studio, condotto da un gruppo di ricercatori guidato da Paul Green, ha confermato l'ipotesi che a seguito degli scontri fra galassie i quasar vengono alimentati da grandi quantità di gas aumentando notevolmente la propria attività. "I quasar sono fra gli oggetti più luminosi che si conoscano - afferma Green - ma nonostante ne siano stati scoperti più di un milione è la prima volta che ne vengono osservati du così vicini ."
Credit: X-ray (NASA/CXC/SAO/P. Green et al.), Optical (Carnegie Obs./Magellan/W.Baade Telescope/J.S.Mulchaey et al.)

mercoledì 3 febbraio 2010

La scintillante bellezza di NGC3603


Il potente occhio del Very Large Telescope dell'ESO che opera dai cristallini e bui cieli del Cile ha ottenuto una immagine di stupefacente bellezza di NGC3603, una regione di intensa formazione stellare distante circa 22mila anni luce dalla Terra. Avvolte da estese nubi gassose sono visibili migliaia di stelle neonate la cui età viene stimata in non più di un milione di anni. NCG3603 rappresenta un ottimo banco di prova per i modelli di formazione ed evoluzione stellare; tali processi pur essendo molto comuni in tutte le galassie, sono difficilmente osservabili con il dettaglio che invece, grazie alla sua relativa vicinanza, è possibile in NGC3603. La forma stessa con cui la nebulosa si presenta è dovuta all'intensa radiazione emessa dalle giovani e calde stelle che scolpisce e modella le estese formazioni gassose. Al loro interno è possibile osservare stelle a vari stadi della loro evoluzione, da quelle che hanno avanti a sè ancora miliardi di anni di vita ad alcune ormai prossime a esplodere come supernovae. Infatti, la durata della vita delle stelle dipende dalla loro massa: più sono massicce più breve sarà la loro vita. Ad esempio, una stella piccola come il Sole può vivere fino a 10 miliardi di anni, mentre le stelle molto più massicce esplodono come supernovae nel giro di qualche milione di anni. Le stelle di NGC3603, pur essendo nate tutte più o meno contemporaneamente, si presentano con masse, e dunque durate della vita, anche molto diverse le une dalle altre. Si va da stelle di massa anche più piccola di quella del Sole a giganti pesanti decine di masse solari. In particolare, sono state individuate tre stelle di tipo Wolf-Rayet, stelle estremamente brillanti e massicce che espellono grandi quantità di materia prima di esplodere. Grazie alle osservazioni condotte con il VLT è stato possibile accertare la presenza di quella che è ritenuta la più massiccia stella della Galassia: una gigante di 120 masse solari in un sistema binario la cui compagna è pure essa una gigante di 86 masse solari.

Credit: ESO

lunedì 1 febbraio 2010

Il nuovo numero de "L'Astrofilo"


Puntuale come ogni mese è scaricabile gratuitamente il numero 15 di febbraio della rivista telematica di astronomia "L'ASTROFILO". Ricco come sempre di articoli utili sia ai neofiti che agli appassionati esperti, il nuovo numero è accompagnato dalla terza uscita del fumetto scientifico. Inoltre il sito on line della rivista si arricchisce ancor più di contenuti con aggiornamenti quasi quotidiani della sezione dedicate alle news.

mercoledì 27 gennaio 2010

Vani i tentativi di liberare Spirit, ma il rover non è morto


"Spirit non è morto: ha solo iniziato una nuova fase della sua vita". Le parole di Doug McCuistion, direttore del Mars Exploration Program della NASA, annunciano la decisione di abbandonare i tentativi di liberare il rover marziano dalla sabbia nella quale da circa 10 mesi è intrappolato. Spirit, dunque, non si muoverà più sulla superficie del pianeta rosso alla scoperta dei suoi segreti, ma continuerà a operare come piattaforma scientifica statica. E se riuscirà, come tutti sperano, a superare il duro inverno marziano, allora sarà ancora notevole il contributo scientifico che potrà dare per il miglioramento delle nostre conoscenze su Marte. Sono trascorsi 6 anni da quando Spirit, insieme al rover gemello Opportunity, toccò il suolo del pianeta iniziando un'avventura che, progettata per durare soli 3 mesi, ha contribuito in maniera determinante a cambiare, migliorandole, le nostre conoscenze su Marte. Grazie alle immagini, alle analisi, alle osservazioni che i due rover hanno condotto direttamente sul suolo marziano, oggi sappiamo con certezza che un tempo sul pianeta scorrevano fiumi che confluivano in grandi bacini, conosciamo con un dettaglio senza precedenti le caratteristiche fisico chimiche delle sue rocce e della sabbia che ne ricopre la superficie, abbiamo potuto studiare come mai in precedenza la meteorologia e la composizione della pur tenue atmosfera, abbiamo perfino potuto analizzare alcuni meteoriti precipitati in epoche remote su Marte. In questi sei anni i due rover hanno percorso vari chilometri in una marcia che li ha condotti a scalare colline, a scendere all'interno di crateri, a superare ostacoli più o meno grandi. Fino a quando, 10 mesi fa, Spirit è incappato in un terreno sabbioso nel quale è rimasto intrappolato. Anche a causa del malfunzionamento di una delle sei ruote sulle quali si sposta, tutti i tentativi di liberarlo sono stati vani e oggi, anche alla luce delle avverse condizioni climatiche dell'ormai prossimo inverno e della ridotta capacità di produzione di energia elettrica da parte dei pannelli solari di cui è dotato, i tecnici della NASA hanno preso la dolorosa ma necessaria decisione di abbandonare i tentativi di liberare il rover e di utilizzare tutte le risorse energetiche residue per l'unico obiettivo di superare la stagione rigida. Ma se questo obiettivo sarà raggiuto, se Spirit sopravviverà all'inverno marziano, allora lo attenderà una nuova stagine di grandi ricerche: lo studio delle variazioni nella rotazione del pianeta per comprenderne la composizione interna, l'analisi dell'atmosfera e del clima locale, l'analisi del suolo e delle rocce circostanti. Se Spirit riuscirà in tutto ciò allora, se possibile, ancora più grande sarà la gratitudine che l'intera comunità scientifica gli tributerà.

Credit: NASA/JPL-Caltech

venerdì 22 gennaio 2010

Una collisione fra asteroidi?


Quella che apparentemente si mostra come una cometa come tante in orbita attorno al Sole potrebbe alla fine rivelarsi come la prima testimonianza in diretta di uno scontro fra asteroidi. Lo scorso 6 gennaio la rete LINEAR (Lincoln Near Earth Asteroid Research) dedicata alla rilevazione di asteroidi potenzialmente pericolosi per la Terra ha scoperto un oggetto, denominato P/2010 A2, che, presentandosi con una lunga coda, è stato subito classificato come cometa. L'oggetto percorre un'orbita poco eccentrica all'interno della fascia degli asteroidi, una regione di spazio compresa fra le orbite di Marte e Giove con migliaia di corpi rocciosi dalle dimensioni più varie, da pochi metri fino a centinaia di chilometri. E' stata, però, proprio l'orbita percorsa da P/2010 A2 a far sorgere qualche dubbio sulla sua reale natura. Di solito, infatti, le comete percorrono orbite di elevata ellitticità che le porta ad avvicinarsi molto al Sole per poi allontanarsene fino a regioni molto remote. Proprio nella fase di maggior avvicinamento si assiste alla formazione della coda, provocata dall'azione della radiazione solare sui composti volatili delle comete. Gli astronomi hanno perciò avanzato l'ipotesi che la coda mostrata da P/2010 A2 potesse essere una lunga scia di detriti formatisi a seguito di uno scontro fra due asteroidi. Ipotesi che pare aver trovata una prima conferma dalla scoperta nelle vicinanze di P/2010 A2 di un corpo roccioso di dimensioni pari a circa 200 metri, che si muove nella stessa direzione e con la stessa velocità della coda e che potrebbe essere perciò il frammento di maggiori dimensioni formatosi a seguito dello scontro. Saranno, tuttavia, necessarie ulteriori osservazioni per trovare conferme all'ipotesi dello scontro che, in questo caso, sarebbe il primo fra asteroidi a essere stato osservato quasi in diretta.

Credit: Jim Scotti

mercoledì 20 gennaio 2010

Ricostruita la storia della formazione stellare in una piccola galassia


Combinando le osservazioni del telescopio spaziale Hubble con i dati ottenuti col radiotelescopio VLA (Very Large Array) un team di astronomi guidato da Benjamin Williams è riuscito a ricostruire la storia della formazione stellare di NGC 2976, una piccola galassia irregolare distante 12 milioni di anni luce nella costellazione dell'Orsa Maggiore. La galassia presenta alcune peculiarità sia morfologiche, priva com'è di bracci a spirale, sia evolutive, presentando un tasso di formazione stellare molto basso, con processi per altro concentrati quasi esclusivamente in una regione di non più di 5mila anni luce di diametro intorno al buco nero centrale. Grazie alla sensibilità dell'occhio di Hubble, gli astronomi sono riusciti a studiare singole stelle all'interno della galassia, determinandone le caratteristiche fisiche e l'età. Da qui la scoperta che i processi di formazione stellare sono del tutto assenti nelle regioni più esterne e molto ridotti in quelle interne. La spiegazione può essere cercata nell'interazione gravitazionale che la galassia ha subito con i membri di maggiori dimensioni dell'ammasso cui appartiene anche M81. A seguito degli incontri ravvicinati, il gas delle regioni più esterne fu strappato via, mentre all'interno del disco fu spinto verso il centro ad alimentare la voracità del buco nero centrale. L'attività di formazione stellare nelle regioni interne è comunque molto ridotto e, dalle stime degli astronomi, non durerà che per altri 500 milioni di anni. Un tale processo è già stato descritto dai modelli teorici e le recenti osservazioni di NGC 2976 paiono confermarli.

Credit: NASA, ESA, and J. Dalcanton and B. Williams (University of Washington, Seattle)

domenica 10 gennaio 2010

Ancora un "piccolo" pianeta


Mentre Kepler, la sonda della NASA progettata e realizzata per essere in grado di rilevare pianeti extrasolari di taglia terrestre, continua la sua attività di ricerca, anche i grandi telescopi terrestri sonno attivamente impegnati nella caccia a nuovi mondi. E', ad esempio, il caso del grande telescopio Keck che opera sotto i cristallini cieli delle Hawaii: grazie allo spettrografo HiRES (High Resolution Echelle Spectrograph) un team di astronomi guidato da Andrew Howard ha annunciato la scoperta di un pianeta, HD156668b questa la sigla che lo identifica, di appena 4 masse terrestri che ruota in poco più di 4 giorni attorno a una stella distante circa 80 anni luce nella costellazione di Ercole. La sua ridotta massa lo pone al secondo posto fra quelli più piccoli fino ad ora individuati. La sua scoperta è stata possibile grazie alla tecnica delle velocità radiali, misurando cioè le piccole pertubazioni indotte sul moto della stella dalla pur tenue attrazione gravitazionale esercitata dal pianeta. La sua ridotta distanza dalla stella lo rende un mondo estramamente caldo e inospitale, ma lo studio delle sue caratteristiche può comunque fornire importantissime informazioni sui processi che portano alla formazione e successiva migrazione dei corpi nei sistemi planetari.

Credit: NASA, ESA, and G. Bacon (STSci)

mercoledì 6 gennaio 2010

I "semi" delle galassie


Ben 5 gruppi internazionali di astronomi hanno annunciato l'osservazione delle galassie più distanti mai individuate. Utilizzando la Wide Field Camera 3 (WFC3) installata sul telescopio spaziale Hubble durante l'ultima missione di servizio, gli astronomi hanno ottenuto le immagini di almeno 29 oggetti galattici di cui dodici con redshift pari a 6.3 e altre quattro con redshift superiore a 7. Ciò porta a stimare le loro distanze in circa 13 miliardi di anni luce, il che significa che queste galassie popolavano l'universo già 800 milioni di anni dopo la sua fromazione. Si tratta di giovani galassie blu di dimensioni inferiori a un decimo di quelle della Via Lattea e con masse non superiori a qualche per cento di quella della nostra galassia. "L'osservazione è stata possibile - afferma l'astronomo scozzese Ross McLure - grazie all'eccezionale sensibilità nell'infrarosso della WFC3". Oltra a stabilire il record di distanza per le galassie, la scoperta fornisce importanti informazioni sui processi di formazione ed evoluzione dell'universo primordiale. In particolare, la scoperta di galassie piccole ma già formate nell'universo distante segna un punto a favore del modello di accrescimento gerarchico delle galassie secondo il quale le grandi galassie che popolano l'universo locale si sono formate a seguito degli scontri e delle fusioni che hanno subito quelle più piccole. Inoltre, la presenza di galassie già 800 milioni di anni dopo il big bang significa che i processi di formazione stellare devono essere cominciati prima di quanto fino ad ora ritenuto. Infine, lo studio delle galassie individuate da Hubble permette di ricavare informazioni sui meccanismi che portarono alla reionizzazione dell'universo, un evento verificatosi tra 400 e 900 milioni di anni dopo il big bang quando l'energia liberata dalle prime stelle strappò elettroni all'idrogeno neutro che allora riempiva l'universo rendendolo trasparente alla radiazione.

Credit: NASA

martedì 5 gennaio 2010

Kepler scopre cinque nuovi pianeti extrasolari

Kepler ha scoperto cinque nuovi pianeti extrasolari portando a otto il numero totale di quelli fino ad oggi individuati dalla sonda della NASA. L'annuncio è stato dato dal responsabile scientifico della missione William Borucki nel corso di una conferenza stampa tenuta a Washington presso l'American Astronomical Society. Lanciata il 9 marzo 2009, Kepler è stata progettata e realizzata allo scopo di individuare pianeti extrasolari di taglia terrestre nella fascia di abitabilità di un campione di 150mila stelle che costituiscono il suo traget osservativo. I 5 pianeti recentemente scoperti, denominati rispettivamente Kepler 4b, 5b, 6b, 7b e 8b, in realtà non possiedono affatto caratteristiche propriamente "terrestri": hanno, infatti, masse comprese fra quella di Nettuno e Giove, periodi orbitali compresi fra 3 e 5 giorni e temperature di molte migliaia di gradi, tanto da rendere impossibile la presenza di qualsiasi forma di vita su una loro ipotetica superficie. La scoperta è, però, un'importante conferma delle potenzialità di Keplere e lascia ben sperare circa le concrete potenzialità della sonda di centrare gli obiettivi scientifici per i quali è stata costruita.

Credit: NASA

lunedì 4 gennaio 2010

Spirit in difficoltà


Sono trascorsi 6 anni da quando il 3 gennaio del 2004 il rover Spirit della NASA toccava il suolo marziano seguito, 3 settimane dopo, dal suo gemello Opportunity. Entrambi i rover avevano una vita programmata di appena tre mesi, ma la loro operatività ha superato ogni più rosea aspettativa consentendo, in sei anni di intensa attività di ricerca scientifica, di ottenere risultati di straordinaria importanza nel campo delle nostre conoscenze sul pianeta rosso. I rover hanno percorso la superficie marziana per svariati chilometri, ne hanno analizzato la composizione, studiato le rocce e i sedimenti, hanno permesso di accertare la presenza di abbondante acqua nel passato del pianeta. Ora, però, la sopravvivenza di Spirit è a forte rischio. Da circa 6 mesi il rover è intrappolato in un terreno sabbioso dal quale non riesce a emergere. Tutti i tentativi operati dai tecnici di missione sono stati vani, complicati dal cattivo funzionamento di almeno due delle sei ruote su cui si sposta il rover. In realtà, anche da fermo Spirit ha continuato le sue attività scientifiche. Il problema è che è ormai prossimo il rigido inverno marziano. Nei precedenti tre inverni già affrontati dai rover, la sopravvivenza è stata loro garantita dal posizionamento dei loro pannelli solari rivolti in modo tale da massimizzare la capacità di raccolta della radiazione. Con Spirit bloccato però i tecnici della NASA non sono affatto sicuri di riuscire nuovamente nell'impresa. In mancanza di sufficiente energia per riscaldare i delicati sistemi di bordo difficilmente Spirit riuscirà a sopravvivere. Nelle prossime settimane è stato convocato un vertice operativo per decide il da farsi in base principalmente a valutazioni di costi/benefici. Ogni tentativo per salvare Spirit ha, infatti, costi elevati e, dato il limitato budget disponibile, ogni decisione va presa considerando le possibilità di ritorno in termini di risultati scientifici conseguibili. Noi tutti facciamo il tifo per Spirit!
Credit: NASA

On line il nuovo numero de "L'Astrofilo"


Puntuale come ogni mese è in distribuzione gratuita il nuovo numero della rivista telematica "L'Astrofilo". E insieme al numero 14 di gennaio 2010 della rivista viene distribuito anche la seconda uscita dei fumetti scientifici. Il numero di gennaio si arricchisce di un nuova rubrica destinata agli appassionati delle osservazioni del profondo cielo. Inoltre la sezione dedicata alle effemeridi è più ricca e completa che mai. Buona lettura a tutti.