giovedì 7 maggio 2009

Una misura più accurata della costante di Hubble


Un team di astronomi americani ha utilizzato osservazioni di variabili cefeidi che il telescopio spaziale Hubble ha condotto nell’arco di 11 anni per definire con margini di errore molto più ristretti il valore della costante di Hubble che misura il tasso di espansione dell’universo. Il valore stimato per la costante di Hubble è risultato essere di 74,2 chilometri al secondo per megaparsec con un margine di errore di +3,6 che raddoppia il grado di precisione delle precedenti misure. La costante di Hubble è così chiamata in onore dell’astronomo Edwin Hubble che per primo si accorse dell’espansione dell’universo. Misurando la velocità di recessione delle galassie Hubble vide che più queste erano distanti più si allontanavano velocemente, con un fattore di proporzionalità che è appunto la costante che porta il suo nome. L’elaborazione di un modello di universo in espansione rese non più necessaria l’ipotesi della costante cosmologica che Einstein aveva introdotto nelle sue equazioni per garantire l’esistenza di quello che lui riteneva fosse un universo statico. Un simile universo, infatti, non potrebbe sopravvivere ma collasserebbe sotto l’azione della sua stessa gravità. Einstein introdusse perciò la costante cosmologica, una sorta di forza repulsiva che pervade l’intero universo opponendosi all’azione della gravità. Tale ipotesi però diventa superflua per un universo in espansione dove la gravità è controbilanciata dalla velocità con cui le galassie si allontanano una dalle altre. Da qualche anno però, accurate misure di distanza fatte osservando supernovae esplose in galassie distanti hanno messo in evidenza come il tasso di espansione dell’universo vada crescendo con il tempo. La causa di tale accelerazione resta ancora ignota e gli astronomi la attribuiscono alla misteriosa energia oscura sulla cui natura si sa ancora molto poco. Per certi versi l’energia oscura, se esiste, ha un comportamento molto simile alla costante cosmologica che, in qualche modo e nonostante fosse stata definita dallo stesso Einstein “la sua più grande cantonata”, ricompare così nei modelli che descrivono l’evoluzione dell’universo.

Credit: Hubble

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