giovedì 30 aprile 2009

Una corona di buchi neri per la Galassia


Secondo uno studio pubblicato da un gruppo di ricercatori americani potrebbero essere centinaia i buchi neri che, silenziosi e invisibili, vagano confinati nelle regioni più esterne della nostra galassia. Con masse comprese fra 1000 e 100mila masse solari, questi buchi neri sarebbero i residui di piccole galassie primordiali che sono state catturate e inghiottite dalla Via Latte nel corso della sua storia evolutiva di miliardi di anni. Quando una galassia entra in interazione con una più grande, viene smembrata e spesso le regioni centrali che contengono buchi neri molto massicci. si fondono. Proprio recentemente è stata trovata la prima prova osservativa di due buchi neri in procinto di fondersi al centro di una galassia. Può però anche capitare che il buco nero di massa inferiore riceva una spinta gravitazionale che lo porterà ai confini della galassia più grande dove rimarrà a fluttuare nella stessa regione popolata dagli ammassi globulari, raggruppamenti di centinaia di migliaia di stelle vecchie anche fino a 12 miliardi di anni, testimoni delle epoche più remote dell'universo.
Credit: David A. Aguilar (CfA)

martedì 28 aprile 2009

L'esplosione più distante


Lo scorso 23 aprile gli astronomi che utilizzano il telescopio spaziale Swift sono stati testimoni dell'esplosione del lampo gamma più distante mai registrato. GRB230409, così è stato identificato, è esploso infatti all'incredibile distanza di 13 miliardi di anni luce, in un epoca posteriore al big bang di meno di 800 milioni di anni. I lampi gamma sono i più energetici fenomeni dell'universo. Scoperti da satelliti militari negli anni '60, solo verso la metà degli anni '90 ne è stata compresa la natura: esplosioni che si verificano a seguito del collasso di stelle straordinariamente massicce, le stesse che gli astronomi ritengono popolassero il giovane universo già 200 milioni di anni dopo il big bang. Stelle tanto massicce bruciano rapidamente le pur grandi riserve di idrogeno e finiscono la loro breve vita in appena qualche centinaio di milioni di anni. Una stella piccola come il Sole, al contrario, ha una vita stimata nell'ordine di 10 miliardi di anni. Esaurito il combustibile in grado di sostenere le reazioni nucleari necessarie per bilanciare il loro stesso peso, queste stelle esplodono liberando incredibili quantità di energia che possono essere rilevate anche a distanze cosmologiche di miliardi di anni luce sotto forma di lampi gamma seguiti da un afterglow in quasi tutte le frequenze dello spettro. Essere riusciti a individuare un GRB (gamma ray burst, che in inglese significa appunto lampo gamma) così distante potrà aiutare gli astronomi a meglio studiare e comprendere le fasi evolutive dell'universo nel primo miliardo di anno di vita.

Credit: ESO

domenica 26 aprile 2009

Un precursore delle galassie?


Un gruppo internazionale di astronomi è riuscito a individuare un enigmatico oggetto distante ben 12.9 miliardi di anni luce. Gli astronomi hanno usato alcuni dei più potenti telescopi sia a Terra che dallo spazio per raccogliere la debole radiazione emessa dall’oggetto, a cui è stato dato il nome della divinità giapponese Himiko, quando l’universo aveva un’età di appena 800 milioni di anni. Himiko ha una massa ragguardevole, circa 40 miliardi di masse solari, e ciò pone degli interrogativi sulla sua natura. Infatti, gli attuali modelli di evoluzione dell’universo prevedono che oggetti così massicci si siano formati in epoche posteriori, circa 2 miliardi di anni dopo il big bang, per aggregazione successiva di oggetti più piccoli. Trovare una struttura con la massa di Himiko nell’universo neonato ha sorpreso non poco gli astronomi che si stanno interrogando su cosa possa essere: una massa di gas ionizzato dalle emissioni energetiche di un buco nero? una galassia primordiale con un esteso disco di gas? due galassie in interazione e fusione? La debole radiazione emessa da Himiko non aiuta certo a svelarne la natura. Nuove campagne di osservazione sono già state programmate per risolvere questo che è uno dei tanti aspetti ancora da chiarire sulla nascita e l’evoluzione dell’universo.
Credit: M. Ouchi et al.

sabato 25 aprile 2009

Buon compleanno, Hubble!


Da 19 anni l’occhio dell’uomo riesce a guardare lontano come mai aveva potuto fare prima. Collocato in orbita dallo Shuttle Discovery nel 1990, il telescopio spaziale Hubble ha consentito progressi per la ricerca astronomica come nessun altro strumento è riuscito a fare e in più ha regalato migliaia di stupende immagini che hanno contribuito non poco ad appassionare all’astronomia migliaia di persone in tutto il mondo. Sono stati 19 anni trascorsi non senza difficoltà, fra problemi tecnici, guasti, missioni di servizio per sostituire questo o quel componente. Eppure sono stati anni in cui Hubble instancabilmente ha osservato l’universo, lo ha fotografato, ne ha rilevato gli aspetti più misteriosi evidenziandone l’incommensurabile bellezza, ne ha consentito lo studio e ha aperto orizzonti neanche lontanamente immaginabili prima. E anche oggi, in attesa della missione di servizio che ne garantirà l’operatività in attesa del prossimo telescopio spaziale, il J. Webb Space Telescope, Hubble continua a stupirci con immagini mozzafiato. L’ultima, rilasciata proprio in occasione del suo 19° compleanno, ritrae Arp 194, un gruppo di galassie interagenti distanti circa 600 milioni di anni luce nella costellazione di Cefeo. L’immagine mostra in alto almeno due galassie in avanzata fase di fusione, con i due nuclei che ormai si sfiorano. L’interazione fra galassie è un fenomeno molto comune nell’universo. Contrariamente a quanto si è portati a pensare, lo scontro fra galassie non solo non è un fenomeno distruttivo, ma può al contrario rappresentare la scintilla che accende milioni di nuove stelle. Le distanze fra le singole stelle all’interno delle galassie sono, infatti, così grandi che un urto frontale fra stelle è un evento altamente improbabile. Viceversa, il gas diffuso all’interno delle galassie subisce intense forze di pressione che ne innescano la compressione e i successivi processi di formazione stellare. L’immagine di Hubble ne fornisce una evidente prova con quelle vere e proprie fontane di luce blu: si tratta di milioni di giovani e calde stelle neonate all’inizio del proprio ciclo evolutivo. Queste stelle sono disposte in scie e filamenti, uno dei quali si protende verso il basso a sfiorare un’altra galassia. Gli astronomi sono convinti però che quest’ultima sia solo prospetticamente vicina alle altre e non sia coinvolta nei processi di interazione.
Credit: NASA, ESA, and the Hubble Heritage Team (STScI/AURA)

E, ciliegina sulla torta di compleanno, la NASA ha rilasciato anche un bellissimo video di Arp 194 realizzato con le immagini di Hubble.

venerdì 24 aprile 2009

Grazie!

Quando un paio di mesi diedi vita a questo blog lo fece un po’ per gioco un po’ per continuare a scrivere di astronomia dopo che era terminata, non per mia volontà, l’entusiasmante esperienza di collaborazione con quella che è stata per lunghi anni la più prestigiosa rivista di astronomia in Italia. Non mi aspettavo altro che di poter parlare ancora di astronomia e magari tenere vivo quel legame con amici lontani che condividono la mia stessa passione. Ma il blog è andato molto oltre! Nell’ultimo mese sono stati 80 i visitatori unici del sito, un numero ragguardevole se si pensa il breve tempo trascorso dall’inizio delle pubblicazioni e gli scarsi (anzi nulli!) mezzi a disposizione per farsi conoscere. E ciò che più mi ha sorpreso è che i contatti non solo provengono da tutta Italia (Lombardia, Liguria, Friuli, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Abruzzo, Puglia, Lazio, Sicilia e, naturalmente, Campania), ma anche dall’estero: Stati Uniti, Olanda, Spagna, Ucraina, Germania, Messico.
Cosa dire: grazie, grazie a tutti voi! E da parte mia l’impegno a fare ancora meglio perché l’astronomia possa essere sempre più la passione che più ci unisce e ci coinvolge.

S. Maria C. V., 24/04/2009

giuseppe

Scavando nella bolla


Gli astronomi ritengono che tutte le galassie ospitino al loro centro dei buchi neri supermassicci, di massa pari a milioni o anche miliardi di masse solari. Questi mostri celesti risucchiano continuamente materia dalle regioni circostanti. I gas e polveri prima di precipitare spiraleggiando nel buco nero formano un disco di accrescimento riscaldandosi ed emettendo grandi quantità di energia. Parte della materia viene anche espulsa a velocità relativistica lungo due getti diretti in direzioni opposte. In alcune galassie questa attività si svolge in maniera tumultuosa e la galassia stessa appare come un'intensa sorgente radio. Sono le cosiddette galassie attive. Una delle più vicine e più attive è NGC 5128, un'intensa sorgente radio nella costellazione del Centauro nota anche come Centaurus A. Distante circa 15 milioni di anni luce, si ritiene sia responsabile della produzione di gran parte dei raggi cosmici che raggiungono la Terra. Grazie alla sua relativa vicinanza è uno degli oggetti più studiati per comprendere le modalità con cui i getti di materia e l'energia emessi dal suo nucleo interagiscono con il mezzo interstellare e come tale interazione influisce sui meccanismi evolutivi dell'intera galassia. A tale scopo il telescopio spaziale Chandra, che opera nella regione X dello spettro elettromagnetico, ha osservato in grande dettaglio NGC 5128 mettendo in evidenza le strutture che si formano nel gas diffuso nella galssia. In particolare nell'immagine è chiaramente visibile una grande bolla scolpita dai getti provenienti dal buco nero centrale. La materia che si trova lungo la linea di interazione viene accelerata e riscaldata emettendo la radiazione X e gamma rilevata nelle osservazioni di Chandra.
Credit: Chandra

mercoledì 22 aprile 2009

La nebulosa nata dopo l'esplosione


RS Ophiuchi è una stella variabile che periodicamente, in media una volta ogni 20 anni, va soggetta a improvvisi aumenti di luminosità. Si tratta di una variabile cataclismica: i repentini e improvvisi aumenti di luminosità sono accompagnati da emissioni di energia pari a oltre 100mila volte quella del Sole. RS Oph è un sistema binario costituito da una gigante rossa e da una nana bianca. Quest'ultima, molto massiccia e compatta, strappa materia alla compagna. Quando sulla superficie della nana bianca si accumulano sufficienti quantità di materia si innesca un'esplosione termonucleare responsabile dell'aumento di luminosità. Circa tre anni fa si è assistito all'ultimo episodio. Da allora la stella è stata tenuta ancor più sotto attenta osservazione al fine di studiarne l'evoluzione e comprenderne i meccanismi che ne regolano il comportamento. Recenti immagini ottenute in momenti successivi dal telescopio spaziale Hubble hanno messo in evidenza come attorno al sistema si sia andata a formare una nebulosa di gas in espansione dalla caratteristica forma lobata molto simile a un'arachide. La nebulosa è costituita dal gas espulso, a velocità di oltre 3000 chilometri al secondo, durante l'ultima esplosione. Hubble ha messo in evidenza anche che i due lobi della nebulosa sono rivolti in direzione perpendicolare al piano del sistema stellare.

Credit: David Hardy (www.astroart.org)/STFC

martedì 21 aprile 2009

Un pianeta extrasolare molto simile alla Terra



Mentre la sonda Kepler della NASA ha iniziato la sua missione di ricerca di pianeti di tipo terrestre in orbita attorno a stelle situate in una ristretta regione di cielo compresa fra le costellazioni della Lira e del Cigno, un team di astronomi ha annunciato la scoperta di un pianeta di tipo roccioso con massa di appena 1,9 masse terrestri. Le osservazioni sono state condotte utilizzando il telescopio di 3,6 metri collocato a La Silla in Cile. Si tratta del pianeta con massa più piccola fra gli oltre 330 fino ad ora scoperti. Le tecniche di rilevazione, infatti, hanno permesso l'individuazione di pianeti giganti, di massa superiore a quella di Giove, e in orbita molto vicino alle rispettive stelle. Alla caccia erano sfuggiti i pianeti di taglia più piccola, con masse, composizione e distanza dalla stella simili a quelle della Terra. Per questo motivo la scoperta di Gliese 581e, questo il nome del pianeta, è di grandissima importanza. Il pianeta è uno dei quattro componenti del sistema planetario della stella Gliese 581, una stella più piccola e meno luminosa del Sole distante poco più di 20 anni luce. Gli altri tre componenti sono corpi con masse di 16, 7 e 5 masse terrestri. E mentre l'ultimo arrivato, pur avendo massa molto simile a quella della Terra (1,9 volte, appunto) orbita a distanza molto ravvicinata alla stella tanto da non presentare sulla sua superficie condizioni adatte al nascere della vita, il pianeta di 7 masse terrestri si trova all'interno della cosiddetta fascia di abitabilità. E' questa la zona di un sistema planetario in cui, in funzione della distanza e della luminosità della stella, è possibile la presenza di acqua allo stato liquido sulla superficie rocciosa di un pianeta. L'orbita di un pianeta all'interno della fascia di abitabilità è requisito necessario perchè sulla sua superficie possa svilupparsi la vita così come la conosciamo.
Credit: Eso

Uno splendido video realizzato dall'ESO del sistema planetario attorno alla stella Gliese 581.

Dubbi su materia ed energia oscura


Da qualche anno ormai gli astronomi di tutto il mondo sono impegnati a risolvere due dei più rilevanti misteri dell'universo: la materia oscura e l'energia oscura. Pur non avendo prove dirette circa la loro esistenza, i ricercatori ne ipotizzano la presenza nell'universo di cui, anzi, sarebbero la parte più rilevante: 21% la materia oscura e 75 % l'energia oscura. La loro esistenza viene ipotizzata in base a evidenze osservative che non trovano spiegazione nell'ambito della gravitazione newtoniana e dei modelli classici per l'evoluzione dell'universo. In particolare, l'ipotesi della presenza nell'universo di grandi quantità di materia, non rilevabile se non per i suoi effetti gravitazionali, fu introdotta già prima della metà del secolo scorso a seguito delle misure delle velocità delle stelle nelle galassie. Risultò che le stelle nelle regioni periferiche delle galassie si muovono più velocemente di quanto non avrebbero dovuto fare in base alle leggi di Newton se la massa della galassia fosse solo quella osservabile. Analoghe osservazioni furono in seguito fatte sulle velocità delle galassie all'interno degli ammassi. Anche l'ipotesi della presenza dei energia oscura nell'universo nasce dall'osservazione. In particolare, dall'osservazione di supernovae esplose in galassie distanti, si ricava che il tasso con cui l'universo si espande aumenta con l'età. E' come se nell'universo agisse una forza che si oppone all'attrazione gravitazionale spingendo le galassie ad allontanarsi sempre più velocemente.


Credit: NASA/JPL-Caltech/R Hurt (SSC)

Anche se se ne ipotizza la presenza, però, non solo nè l'energia nè la materia oscura sono mai state direttamente rilevate, ma anche sulla loro stessa natura rimane una grande incertezza e molti misteri. Due recenti studi, anzi, paiono porre in dubbio la loro stessa esistenza. Un gruppo internazionale di astronomi ha pubblicato un lavoro sulle galassie satellite della Via Lattea. La nostra galassia, come tutte le galassie di dimensioni maggiori, sono circondate da galassie satellite. Lo studio ha però messo in evidenza che quelle che circondano la Via Lattea sono un numero molto inferiore e presentano una distribuzione lungo il piano galattico diverso rispetto a quanto si può prevedere utilizzando le leggi di Newton. Tale difformità però non può essere spiegata invocando la materia oscura poichè altrimenti non si riuscirebbe a spiegare il modo in cui si sono formate. I ricercatori ipotizzano perciò che più semplicemente quanto si osserva circa la velocità, la distribuzione e il numero delle galassie satellite della Via Lattea possa trovare spiegazione con una modifica delle leggi di Newton, in un processo analogo a quello che portò alla formulazione delle teoria della relatività di Einstein. Anche l'esistenza dell'energia oscura viene messa in discussione. Astronomi britannici hanno studiato una distribuzione di circa 800mila galassie. Quello che è risultato è che l'interazione dei fotoni del fondo a microonde con il mezzo intergalattico non è esattamente quella che può essere prevista nell'ipotesi di presenza di energia oscura nell'universo. Non c'è dubbio che saranno necessari ulteriori e approfonditi studi per riuscire a chiarire i molti aspetti e le molte domande ancora prive di risposta. Intanto, attorno alla materia oscura e all'energia oscura rimane un ampio alone di mistero.
Immagine in alto - credit: NASA, ESA, M. Livio and the Hubble Heritage Team (STScI/AURA).

lunedì 20 aprile 2009

I misteri delle nane brune


Le nane brune sono considerate come stelle mancate: la loro massa è, infatti, cosi piccola, generalmente qualche decina di volte la massa di Giove, da non consentire l'innesco nel loro nucleo delle reazioni di fusione nucleare. Come le stelle, e a differenza dei pianeti che si formano per aggregazione e accrescimento di particelle più piccole dette planetesimi, le nane brune nascono per contrazione all'interno di vaste nubi di gas. Si tratta di corpi piccoli e molto freddi, qualche centinaio di gradi centigradi, e per questo difficilmente osservabili. Possono essere studiate solo nella regione infrarossa dello spettro elettromagnetico. Fino ad oggi, inoltre, risultava difficile elaborare dei modelli evolutivi poichè era di fatto quasi impossibile riuscire a determinarne con sufficiente grado di accuratezza l'età. Finalmente però un recente studio di un gruppo di astronomi britannici ha forse individuato quella che può considerarsi come la "stele di Rosetta" per le nane brune. Gli astronomi hanno infatti scoperto un sistema binario costituito da due oggetti: una nana rossa, una stella di piccola massa appartenente alla tipologia di stelle più comune nell'universo e di cui ben si conoscono proprietà e ciclo evolutivo, e da una nana bruna di massa compresa fra 20 e 30 masse gioviane in obita attorno alla compagna a una distanza di circa 440 unità astronomiche (la distanza tra Sole e Terra). Il sistema binario, noto con la sigla Wolf 940, dista 40 anni luce. La nana bruna compie un'orbita completa attorno alla compagna rossa in circa 18mila anni. Essere riusciti a scoprire una nana bruna all'interno di un sistema binario consente agli astronomi di avere finalmente una dato certo circa la sua età, che non può essere diversa da quella della nana rossa, facilmente determinabile in base ai ben noti modelli di evoluzione stellare. Questo contribuisce in maniera determinante alla possibilità di elaborare modelli teorici per le nane brune, stelle mancate che però hanno un ruolo determinante nell'evoluzione stellare e galattica.
Credit: UKIRT

venerdì 17 aprile 2009

La prima immagine di Kepler



La caccia ai pianeti di tipo terrestre è iniziata. Dopo il successo del lancio avvenuto il mese scorso, la sonda Kepler della NASA ha ottenuto la prima immagine di quella che per circa tre anni e mezzo sarà la ragione di cielo dove punterà i suoi sensibili strumenti per riuscire lì dove fino ad oggi hanno fallito i telescopi sia a Terra che dallo spazio: scoprire pianeti rocciosi di taglia terrestre. Kepler osserverà costantemente una regione estesa circa 100 gradi quadrati compresa fra le costellazioni della Lira e del Cigno. Si tratta di una prozione di cielo ricchissima di stelle. Circa 100mila di queste verrano costantemente monitorate dai sensibili strumenti della sonda che ne misureranno le minime variazioni di luminosità dovute all'eventuale transito sul disco stellare di pianeti in orbita attorno a esse. Kepler è stato progettato per essere in grado di osservare anche le variazioni causate dal transito di oggetti piccoli quanto la Terra: mai gli astronomi sono stati tanto vicino alla scoperta di un pianeta terrestre, il primo fondamentale passo verso la ricerca di vita nell'universo. La prima immagine ottenuta da Kepler è relativa all'intera area di ricerca della sonda. Nella splendida foto sono visibili circa 14 milioni di stelle. Altre due immagini invece sono degli zoom all'interno della regione. Si tratta di due piccole porzioni di cielo estese circa un millesimo dell'intera area di ricerca di Kepler. La prima è centrata sull'ammasso stellare NGC6791 distante circa 13mila anni luce. La seconda invece è un'area al cui interno c'è la stella nota con la sigla Tres-2, attorno alla quale gli astronomi hanno già accertato la presenza di un pianeta di massa gioviana che percorre la sua orbita in appena 2,5 giorni.

Credit: NASA/Ames/JPL-Caltech


Credit: NASA

Il grafico del calo di luminosità di una stella dovuto al transito di un pianeta davanti al disco stellare.

giovedì 16 aprile 2009

Uno scontro colossale


Può a ben ragione essere considerato come il più colossale scontro di cui si abbia testimonianza diretta. Altro che una carambola sull'autostrada o, per rimanere in ambito astronomico, alla fusione fra due galassie. A circa 5,4 miliardi di anni luce, quattro ammassi di galassie, ciascuno costituito da centinaia id galasie, si sono scontrati e fusi a formare una gigantesta aggregazione di materia. L'oggetto, noto con la sigla MACSJ0717.5+3745, si estende per oltre 13 milioni di anni luce. Combinando immagini riprese da numerosi telescopi dallo spazio e da terra e in varie bande, gli astronomi sono riusciti a ottenere una dettagliatissima istantanea che bene mette in evidenza la complessa struttura di gas a elevata temperatura che avvolge completamente le numerosissime galassie che compongono l'oggetto. L'elevata temperatura, responsabile dell'emissione in banda X del gas, è diretta conseguenza dello scontro fra gli ammassi di galassie. Anche il moto delle singole galassie e del gas all'interno di MACSJ0717.5+3745 ben si accorda con l'ipotesi di un colossale scontro e con i modelli matematici che lo riproducono. Ciò che viene sottolineato dagli astronomi è che lo studio di quanto avvenuto con MACSJ0717.5+3745 dimostra che gli ammassi di galassie sono in grado di interagire con l'ambiente circostante sino a distanze di molti milioni di anni luce.

Credit: NASA, ESA, CXC, C. Ma, H. Ebeling, and E. Barrett (University of Hawaii/IfA), et al., and STScI

mercoledì 15 aprile 2009

Il Tempo Silenzioso: mostra di gnomonica a Milano.


Per secoli il tempo è stato scandito dal lento spostarsi dell'ombra delle meridiane. Non solo strumenti per la misura del tempo, ma vere opere d'arte, testimoni di gusto e raffinatezza ormai persi con la frenesia e la presunta concretezza moderna. Eppure, le meridiane rappresentano un patrimonio culturale che non può e non deve andare disperso. Appare, perciò, particolarmente interessante la mostra "Il tempo silenzioso" che si terrà a Milano nei giorni 18 e 19, 25 e 26 aprile presso il Parco Nord Milano. Un'esposizione dove arte, scienza e storia della misurazione del tempo con le meridiane si fondono nell'antica disciplina della gnomonica. Molti gli espositori presenti tra cui segnaliamo con vivo piacere l'architetto Leonardo Di Emanuele il cui prezioso lavoro è stato già apprezzato dai nostri lettori.
Nell'immagine il quadrante solare costruito dall'arch. Di Emanuele.

martedì 14 aprile 2009

Un getto imprevedibile


Nell'ammasso della Vergine, in una delle regioni dell'universo locale più densamente popolate da galassie, a circa 54 milioni di anni luce si trova M87, una galassia al cui centro è ospitato un buco nero supermassiccio di circa 3 miliardi di masse solari. Il "mostro" divora continuamente enormi quantità di materia che viene risucchiata andando a formare un disco di accrescimento dove si riscalda e viene in parte emessa sotto forma di due potenti getti che si allontanano a velocità relativistica in direzioni opposte. Già da tempo i getti di M87 erano stati osservati, e anzi, essendo anche relativamente a noi vicini, costituiscono un ottimo banco di prova per testare i modelli teorici che ne descrivono le caratteristiche. Anche il telescopio spaziale Hubble ha tenuto per anni sotto costante osservazione i getti di M87. Quello che ha osservato è, però, un comportamento peculiare che ha sorpreso non poco gli astronomi. Nell'arco degli ultimi sette anni, infatti, Hubble è stato testimone delle variazioni di luminosità di un grumo di materia all'interno di uno dei getti, noto con la sigla HST-1, non facilmente spiegabile con i modelli normalmente utilizzati per descriverne il comportamento. HST-1 ha dapprima mostrato un costante aumento di luminosità; poi, nel 2005 si è assistito a un evidente calo di luminosità, che ha successivamente ripreso visibilmente ad aumentare fino a eguagliare in splendore lo stesso nucleo galattico. Come spiegare questo comportamento? Due le ipotesi avanzate: o si tratta di un fenumeno dovuto all'azione delle linee di forza del campo magnetico oppure all'interazione della materia del getto con regioni interstellari più dense, ricche di polveri e gas. Solo nuove osservazioni potranno aiutare a comprendere questo peculiare comportamento e a capire se si tratta di un fenomeno comune a tutti i getti provenienti dalle regioni circostanti i buchi neri posti al centro delle galassie.
Credit: NASA, ESA, and J. Madrid (McMaster University)

Uno splendido video, con le immagini di Hubble, che ci porta al centro di M87.

Video Credit: NASA, ESA, Z. Levay, G. Bacon, and M. Estacion (STScI)

sabato 11 aprile 2009

M100: una bella galassia a spirale


Distante circa 60 milioni di anni luce, M100 è una bella galassia a spirale vista di faccia. La sua struttura presenta un brillante nucleo centrale e due grandi braccia di spirale. Altre due braccia appaiono emergere dal nucleo per ricongiungersi alle due più grandi. E' una galassia molto simile alla Via Lattea anche se le sue dimensioni, circa 120mila anni luce, sono leggermente superiori. In questa splendida immagine ottenuta con il telescopio da 1.5 m dell'ESO a La Silla in Cile, sono visibili numerose giovani e calde stelle e vaste regioni di idrogeno ionizzato.

Un'immagine ad alta risoluzione della galassia e scaricabile a questo link.

Credit: ESO

giovedì 9 aprile 2009

M33: più grande e più bella


La galassia M33 nella costellazione del Triangolo è a noi fra le più vicine. Distante appena 2,9 milioni di anni luce, è uno dei membri principali dell'Ammasso Locale, il gruppo di galassie legate gravitazionalmente di cui fanno parte anche la Via Lattea e M31, la grande galassia di Andromeda. Recenti osservazioni condotte nella regione infrarossa dello spettro elettromagnetico dal telescopio spaziale Spitzer ne hanno rilevato non solo la incredibile bellezza, ma anche alcune caratteristiche morfologiche che indicano come le sue dimensioni siano maggiori di quanto fino ad ora ritenuto. Spitzer è infatti riuscito a mettere in evidenza l'emissione infrarossa di alcune fredde regioni di polveri e gas estese ben oltre le dimensioni con cui la galassia appare nella regione del visibile dello spettro. Probabilmente questa materia è stata esplusa a seguito dell'azione congiunta del vento stellare di stelle molto massicce e dell'esplosione di supernovae.

A questo link è possibile scaricare un'immagine in alta risoluzione della galassie M33.

Credit: NASA/JPL-Caltech/Univ. of Ariz.

mercoledì 8 aprile 2009

The winner is: Arp 274


In occasione dell'Anno Internazionale dell'Astronomia la NASA ha offerto a tutti gli appassionati la possibilità di scegliere il prossimo obiettivo delle osservazioni del telescopio spaziale Hubble. L'iniziativa, denominata "You Decide", è stata un vero successo: oltre 140mila persone hanno scelto il soggetto preferito fra i quattro proposti e a risultare vincitore è stato, con oltre 67mila voti, il terzetto di galassie Arp 274. Puntualmente Hubble ha puntato il suo potente occhio ottenendo una immagine di stupefacente bellezza, il miglior modo per celebrare l'anno internazionale. Situato a circa 400 milioni di anni luce, si pensava trattarsi di galassie interagenti. In realtà, l'assenza dei segni caratteristici dell'interazione fra galassie, come le scie di stelle e gli effetti mareali e distrosivi della loro morfologia, fanno pensare piuttosto a galassie solo prospetticamente vicine. In tutte le galassie è comunque presente un'intensa attività di formazione stellare, che si manifesta con le brillanti regioni di colore blu.

A questo link è possibile scaricare un'immagine in alta risoluzione.

Chi è interessato a scoprire come Hubble ottiene le sue immagini può scaricare qui un interessantissimo video.

Credit: NASA, ESA, M. Livio and the Hubble Heritage Team (STScI/AURA).

Una "mano" nel cielo


Il telescopio spaziale Chandra che opera nella regione X dello spettro elettromagnetico ha misurato le intense emissioni provenienti da una giovane pulsar distante circa 17mila anni luce. Le pulsar sono oggetti molto compatti che si originano a seguito dell'esplosione come supernovae di stelle molto massicce giunte al termine del loro ciclo evolutivo. A seguito dell'esplosione si forma una stella di neutroni in rapida rotazione attorno al proprio asse che emette grandi quantità di energia in bande X e radio lungo due fasci molto collimati. Da Terra questi oggetti appaiono pulsare rapidamente ogni volta che il fascio di energia interseca la linea di vista dell'osservatore. Le pulsar vennero osservate per la prima volta intorno agli anni Sessanta. Quella osservata da Chandra è una delle più giovani. PSR B1509-58, questa la sigla che la identifica si è, infatti, formata a seguito dell'esplosione di una supernova avvenuta circa 1700 anni fa. Il diametro della pulsar è stimato in circa 20 chilometri mentre le dimensioni della nebulosa che la circonda è di circa 150 anni luce. La radiazione proveniente dalla pulsar è responsabile dell'intensa emissione X della nebulosa osservata da Chandra. In particolare, nell'immagine il rosso descrive l'emissione di più bassa energia, il verde quella intermedia mentre il blu è dovuto alla radiazione più energetica. Peculiare è la forma della nebulosa che ricorda fortemente una mano protesa ad afferrare le stelle del cielo.
Credit: NASA/CXC/SAO/P.Slane, et al.

martedì 7 aprile 2009

Quando arte e scienza vanno insieme: il quadrante solare dell'arch. Di Emanuele

Per secoli, prima dell'invenzione del telescopio e anche successivamente, la realizzazione di strumenti di misura era caratterizzata non solo dall'accuratezza che la tecnologia dell'epoca consentiva, ma anche da una raffinatezza artistica che, purtroppo, nei moderni strumenti non è più rintracciabile. Per questo motivo il quadrante solare realizzato dall'architetto Leonardo Di Emanuele, persona squisita che ho avuto la fortuna di incontrare, appare come una piacevole eccezione. Non solo uno strumento preciso per misure astronomiche, ma anche un oggetto in cui si sono concentrate cura, raffinatezza, eleganza che solo la passione di un vero artista può realizzare. E' con vero piacere che presento il quadrante solare dell'architetto Di Emanuele da lui stesso brevemente descritto.

PROGETTAZIONE DI UN QUADRANTE SOLARE DI ALTEZZA:
UNO STUMENTO DI GNOMONICA

L’ideazione dello strumento attraverso un sistema empirico di rilevamento dei tracciati delle curve orarie è stato successivamente controllato con procedimenti scientifici. Sono stati presi in considerazione i principali andamenti delle curve orarie, controllati con formule di trigonometria sferica, ed i piccolissimi errori riscontrati eliminati. Quanto detto è stato applicato a tutte le curve orarie sia intere che per le frazioni dei 15 minuti, dei 30 minuti e dei 45 minuti.
Lo strumento
Il quadrante solare è stato predisposto per essere usato alla latitudine di 42 ° nord, cioè Roma e dintorni od altre località del globo che abbiano questo valore. Se adoperato altrove le letture risulteranno affette da errori sempre maggiori più ci si allontana dai 42 °. L’altezza del sole nel luogo di osservazione si misura in gradi, una volta posizionato lo strumento verticale con la luce solare radente la superficie antimeridiana o pomeridiana, ossia prossima ad essere illuminata ma in ombra. Questo procedimento evita l’osservazione diretta del sole, cosa sempre pericolosa per la vista. Vengono pertanto effettuate letture indirette di angoli opposti al vertice con estrema facilità e sicurezza.

Uso dello strumento
Indipendentemente che si adoperi lo strumento di mattina o di pomeriggio osservando la figura del settore orario si noteranno delle circonferenze concentriche sempre più grandi dal tropico del cancro al tropico del capricorno. Le sette circonferenze con tratto più intenso rappresentano i giorni in cui si ha il cambiamento di segno zodiacale dal solstizio invernale e viceversa. La costruzione stessa del settore orario assegna a queste curve, spaziature diverse a sua volta suddivise in diverse circonferenze più sottili. A queste circonferenze che rappresentano sostanzialmente le date in cui si fa la lettura, si sovrappongono le curve delle ore ed un regolo che ruota con asse lo gnomone. Queste sono le curve orarie con intervallo di 15 minuti una dall’altra, le misure intermedie andranno stimate a vista. Per una corretta lettura dell’angolo relativo all’altezza del sole è necessario che l’ombra dello gnomone trasversale coincida con la riga segnata sulla paletta del regolo. Il quadrante solare segna l’ora del luogo dove si effettua la lettura. Per un controllo con l’ora convenzionale segnata dai nostri orologi vanno fatte le seguenti considerazioni.Si deve fare riferimento al meridiano del fuso orario di appartenenza, che per Roma è il meridiano 15 ° est da Greenwich. Rispetto a questo va considerata la costante locale del luogo di lettura, ossia la longitudine trasformata in tempo. Va tenuto conto anche dell’ora legale nei periodi di validità.

Latitudine Nord 41° 55 ‘ 25 “
Roma Longitudine Est 0h 49m 49 s
Costante locale 0h 10 m 11s

Altro elemento da considerare è l’equazione del tempo con i valori giornalieri ed il relativo segno. Il tutto va sommato algebricamente. L’equazione del tempo rappresenta la differenza tra il tempo medio degli orologi civili ed il tempo degli orologi solari.Capito il disegno della costruzione dell’orologio, si possono effettuare delle varianti, come attestano le foto fatte da amici in altre località.Ad esempio in Egitto ad Assuan ed in Spagna a Murcia, e con il Prof. Ono Yukio presso la Zokei University di Tokio.Lo strumento è realizzato in ottone e montato su di una base di legno. E’ stato esposto alla Fiera dell’Astronomia a Forlì ed ha ricevuto una menzione al Concorso internazionale di Brescia “ Serafino Zani “, IX edizione.Per ulteriori informazioni rivolgersi a :
leonardo.di@alice.it

Leonardo Di Emanuele

architetto

domenica 5 aprile 2009

I due gioielli dello Scultore

Si concluderanno oggi, dopo 4 giorni di intensa attività, le manifestazioni organizzate in occasione delle 100 Ore di Astronomia, l'evento globale che ha visto astronomi professionisti e semplici appassionati impegnati ad avvicinare il maggior numero possibile di persone all'astronomia. Il successo è andato oltre ogni previsione. Si contano in centinaia di migliaia coloro che, grandi o piccoli, esperti o principianti, dalle città o dalle aree più remote del globo, hanno avvicinato l'occhio ai telescopi messi loro a disposizione per osservare l'universo e le meraviglie che contiene. Il successo delle 100 Ore di Astronomia non poteva non essere adeguatamente celebrato dai maggiori centri di ricerca astronomica al mondo. Così l'ESO ha pensato di ralasciare due splendide immagini di una coppia di galassie appartenenti al gruppo dello Scultore. Si tratta di NGC55 e di NGC 7793. La prima è una bella galassia irregolare grande circa 70mila anni luce e distante 7,5 milioni di anni luce. Nell'immagine sono visibili circa 20 nebulose planetarie, oggetti che sono lo stadio finale del ciclo evolutivo di stelle simili al Sole. Sono altresì visibili regioni di intensa attività di formazione stellare. NGC 7793 è, invece, una galassia spirale la cui struttura presenta però delle irregolarità. Le sue dimensioni sono circa la metà di quelle di NGC 55 mentra la sua distanza risulta essere di circa 12,5 milioni di anni luce. Le due immagini sono state ottenute con i telescopi dell'ESO che operano sotto i cieli di La Silla in Cile.
Credit: ESO

venerdì 3 aprile 2009

Nel cuore di Orione

Dopo aver dominato il cielo invernale, la costellazione di Orione si avvia lentamente verso tramonti sempre più anticipati. Orione è fra le costellazioni più note del cielo non solo per via della sua inconfondibile sagoma, delineata da stelle molto luminose, ma anche perchè contiene uno degli oggetti fra i più osservati: M42, la grande nebulosa. Si tratta di una regione di intensa formazione stellare. Nei gas che la compongono stanno nascendo numerose stelle. M42 è individuabile già a occhio nudo subito sotto le tre stelle che tracciano la cintura del cacciatore e osservata al binocolo o al telescopio offre uno spettacole davvero eccezionale. Ma oltre a essere un stupendo oggetto del cielo profondo, la nebulosa di Orione rappresenta un vero e proprio laboratorio dove i ricercatori possono testare i modelli teorici che descrivono la formazione e i primi stadi evolutivi delle stelle. Per questo motivo M42 viene attentamente studiata da gruppi di ricerca in tutto il mondo. Recentemente, astronomi tedeschi del Max Planck Institute for Radio Astronomy ha utilizzato il Very Large Telescope dell'Eso che opera sotto i cieli bui del Cile per ottenere la più dettagliata immagine di due giovanissime stelle appena formatesi all'interno della nebulosa. Si tratta delle due componenti di Theta 1 Ori C, due stelle legate gravitazionalemente fra loro a formare un sistema binario. I dati ottenuti in oltre 12 anni di osservazioni hanno permesso di accertare che le due stelle si muovono lungo orbite particolarmente eccentriche con periodo di 11 anni. Le loro masse sono notevoli: la più grande "pesa" 38 volte il nostro Sole mentre la più piccola si ferma a sole 9 masse solari. La notevole massa ne segna irreversibilmente il destino: come tutte le giganti, anche queste stelle sono destinate a vivere una breve vita, nell'ordine di qualche decina di milioni di anni, e a terminare la loro esistenza esplodendo come supernovae in un lampo accecante.
Credit: MPIfR (sTEFAN kRAUS), VLT/ISAAC (ESO) E HST (NASA, Chris O'Dell)

mercoledì 1 aprile 2009

100 ore di astronomia: uno star party grande quanto il mondo!

Inizierà domani 2 aprile per proseguire fino a domenica 5 quello che si annuncia come il più grande star party globale mai organizzato. Nell'ambito delle iniziative organizzate per l'Anno Internazionale dell'Astronomia, l'evento "100 Ore di Astronomia" è uno dei principali. In tutto il mondo centinaia di osservatori professionali e gruppi di appassionati saranno impegnati per offrire a tutti la possibilità di osservare il cielo con un telescopio. Innumerevoli le iniziative, i seminari, gli incontri organizzati. Davvero uno sforzo senza precedenti per raggiungere uno degli scopi principali dell'Anno Internazionale: avvicinare all'astronomia il maggior numero possibile di persone. Tra le iniziative previste, di particolare interesse appare essere quella organizzata da osservatori astronomici in tutto il mondo. "Il giro del mondo in 80 telescopi" vedrà impegnati a partire dalle 11 del 3 aprile in una staffetta di 24 ore, 80 osservatori astronomici professionali in tutto il mondo in una diretta live che permetterà, semplicemente collegandosi via internet, di osservare dal proprio PC quello che i più grandi telescopi del mondo inquadrano nei loro obiettivi. Il programma completo dei collegamenti può essere scaricato sul sito di 100 Ore di Astronomia.
Anche cielisereni.it sarà impegnata con i suoi telescopi e il planetraio digitale. Il 2 aprile, infatti, si svolgerà l'evento "A Dugenta sotto le stelle" una maratona astronomica che coinvolgerà le scuole e i cittadini del piccolo copmune del beneventano.